«Questione di sicurezza». «Non è vero»

Il meraviglioso Buco del Piombo e la sua chiusura anche ai... Ragni

Il meraviglioso Buco del Piombo e la sua chiusura anche ai... Ragni
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È un luogo mitico e magnetico. Un’imponente caverna giurassica che si snoda nella roccia calcarea del complesso carsico dell’Alpe Turati nei dintorni di Erba. È leggendario anche il suo nome: Buco del Piombo, per via del colore della roccia che caratterizza l’enorme ingresso, paragonabile per dimensioni al Duomo di Milano e che misura circa 45 metri di altezza per 38 di larghezza. Peccato che quell’ingresso, rappresentato anche da tanti viaggiatori antichi su stampe, oggi non lo possa vedere più nessuno. Dal 2011 un cancello ostruisce l’avvicinamento al Buco del Piombo. Da ultimi sono stati lasciati fuori anche i Ragni di Lecco, il celebre gruppo di alpinisti che qui era da sempre di casa.

 

 

«È una storia che meriterebbe un romanzo», ha detto il sindaco di Erba, Veronica Airoldi. Infatti Il Comune è proprietario del mappale su cui insiste l’area di accesso, mentre a due privati, le famiglie Sossnovsky e Masciadri, appartiene da oltre cento anni il sito, che costituisce uno tra i fenomeni carsici più importanti presenti in Lombardia. All’inizio la chiusura era stata ordinata dal Comune stesso nel 2011 dopo i crolli verificatisi all’interno della grotta. Si era staccato un blocco di roccia grande quanto un’auto a causa dell’erosione provocata dall’umidità. Oggi la contessa Camilla Sossnovsky Pallavicini ha ribadito la sua linea: «Io non voglio che nessuno vada a morire là dentro. Troppa gente continua a entrarci a suo rischio e pericolo. È un luogo insicuro, cadono massi». La contessa, di tanto in tanto, torna al cancello, mette nuovi lucchetti per sostituire quelli spaccati e per rimettere in sesto i cartelli di divieto regolarmente danneggiati.

Non tutti sono però d’accordo sulla pericolosità del Buco del Piombo. Ad esempio, Emilio Magni, scrittore ed esploratore del luogo, ha un’altra idea: «Da sempre pesa sul Buco del Piombo una totale confusione», ha scritto sul sito specializzato Mountcity. «Alcuni sostengono che l’area di accesso sia privata, altri invece, che essendo una caverna, sia demaniale. Nessuno si prende la responsabilità di gestire l’attività della grotta per visite turistiche, anche perché l’organizzazione della gestione appare assai difficile. Per qualche anno ci pensarono i volontari del Cai e dello Speleo-Cai Erba. Poi però il capo, il grande speleologo Marco Bomman, è morto e non si è più trovato un clan disposto a organizzare le visite guidate e assicurare altre attività».

 

 

Insomma la questione sarebbe soprattutto una questione di carattere organizzativo di cui nessuno si vuole prendere l’onere. Intanto, l’ultima decisione di chiudere l’area anche ai Ragni di Lecco è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Loro conoscono a menadito la zona e hanno una grande esperienza. Nel 2014 avevano aperto una via straordinariamente difficile sullo sperone dove si apre la grotta: l’avevano ribattezzata “Divina Commedia” perché «mentre salivamo ci sembrava di passare dall’Inferno al Paradiso», racconta uno dei protagonisti dell’impresa, Simone Pedeferri. Il presidente dei Ragni, Graziano Bianchi, ha chiesto che almeno si arrivi a un compromesso, impedendo che all’area si avvicinino famiglie con bambini, ma lasciandola aperta agli esperti. Perché guardare la Divina solo con il cannocchiale non è un bel vedere per i Ragni.

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