L'Atalanta ha visto il diavolo (ma la corsa non è finita)
Ci sono sconfitte che insegnano più di una vittoria. Per l’Atalanta, è il caso del ko con il Milan che ha ribaltato la Dea grazie all’irresistibile Piatek, al redivivo Chalanoglu, a un secondo tempo perfetto, a fronte di un Gruppo Gasp incapace di reagire con la consueta veemenza, modello rimonta con la Roma e con la Spal, per intenderci.
Ci sta, ci può stare: perché il Milan ha avuto il merito di non disunirsi dopo il gol di Freuler; perché Piatek è un autentico fenomeno delle aree di rigore, perché i rossoneri hanno saputo approfittare dello sbandamento atalantino susseguente il pareggio dei rivali, allo scadere del primo tempo, che ha letteralmente sbalestrato la Dea nella ripresa.
Aggiungete la botta che ha azzoppato Gomez; la serata no di Zapata, il quale dopo i dieci gol nelle nove partite precedenti il Milan ha pure il diritto di non segnare; la solitudine di Ilicic, sontuoso nel primo tempo, ma sufficiente nella ripresa.
Anche per questi motivi, non è assolutamente il caso di drammatizzare e nemmeno di pencolare dall’euforia alla disillusione. Tutt’altro. Dice bene Gasperini: questa sconfitta tornerà utile perché insegnerà alla squadra a non smettere mai di credere in se stessa.
Ci sono quattordici partite e 42 punti a disposizione per credere che i sogni divengono realtà, quando lo si voglia. E per riprendere il suo cammino, la squadra deve ripartire dal primo tempo con il Milan. L’Atalanta ha visto il Diavolo, ma la sua corsa è tutt'altro che finita.