Un anno di Mare Nostrum
Il 18 ottobre scorso l’operazione umanitaria Mare Nostrum, il progetto italiano nato per far fronte all’eccezionale flusso migratorio dal Nord Africa degli ultimi anni, ha segnato il suo primo anno di attività; primo ed ultimo, poiché a partire da novembre 2014 dovrebbe essere sostituito da un’operazione di più ampia collaborazione europea. Mare Nostrum venne posta in essere in seguito al tragico naufragio del 3 ottobre 2013, in cui persero la vita 368 persone in viaggio verso l’Italia: da allora, sono state impiegate dal governo italiano innumerevoli forze economiche, militari e umanitarie per rispondere a quella che, a tutti gli effetti, aveva ormai preso le forme di un’emergenza internazionale.
Il bilancio di un anno di Mare Nostrum. Poco più di un anno fa, dunque, la Marina Militare, in collaborazione con il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Ministero dell’Interno, la Guardia di Finanza, l’Aeronautica Militare, la Polizia di Stato e il Corpo dei Carabinieri, ha dato inizio ad una costante sorveglianza delle acque dello stretto di Sicilia e dell’isola di Lampedusa, coordinati in un’unica, grande operazione, la Mare Nostrum.
Per offrire alcuni numeri: in questi 365 giorni sono state utilizzate 32 navi militari, 2 sommergibili, 6 mezzi aerei e l’ausilio di 900 militari al giorno; l’efficacia dell’operazione è stata senz’altro notevole, visto che grazie a questo ingente impiego di forze sono stati effettuati 60 trasporti sanitari via aerea, 13 prese di controllo diretto di imbarcazioni sospette da parte dei fucilieri della Marina, 351 arresti di scafisti, 9 grandi navi sequestrate per un totale di 152mila migranti assistiti, la maggior parte provenienti dall’Eritrea (30mila) e dalla Siria (20mila); senza dimenticare le circa 3mila persone che hanno perso la vita durante la tratta.
I costi di Mare Nostrum sono stati, naturalmente, particolarmente ingenti: la sola fregata Maestrale, il principale mezzo marittimo utilizzato, costa 60mila euro al giorno (quasi 2 milioni mensili), oltre ai 50mila euro quotidiani per la nave San Marco e 15mila per i più piccoli pattugliatori; per quanto riguarda l’accoglienza degli immigrati, il Ministero dell’Interno stanzia 30 euro al giorno per ciascun profugo, vale a dire complessivamente 3 milioni di euro al giorno, quasi un miliardo annuo. In totale quindi, aggiungendo le spese relative ai mezzi aerei e di personale, Mare Nostrum è finora costata all’Italia circa un miliardo e mezzo di euro. Una cifra enorme, rispetto alla quale l’Europa ha finalmente deciso di dare il proprio contributo, grazie all’istituzione Frontex, un progetto europeo di coordinamento del pattugliamento delle frontiere continentali, che darà vita, a partire dai primi di novembre, alla missione Triton.
Che cosa sarà Triton. Non si sa molto, per il momento: dovrebbero partecipare 29 Paesi europei, con un finanziamento da parte dell’Ue di 3 milioni di euro al mese, e pare che si concretizzerà in un controllo delle acque internazionali solamente fino a 50 chilometri dalle coste italiane. Gil Arias Fernandez, direttore esecutivo di Frontex, ha avuto modo di sottolineare come l’intervento europeo sarà volto esclusivamente al pattugliamento delle frontiere, senza alcun tipo di supporto da un punto di vista del soccorso umanitario. Insomma poco, anzi pochissimo.
In questi giorni, numerose Ong, da Amnesty International a Save the Children fino a Medici senza Frontiere, hanno espresso molta preoccupazione circa l’avvento di Triton, poiché, qualora significasse il cessare di Mare Nostrum, comporterebbe l’esplosione di un’emergenza umanitaria senza precedenti nell’area mediterranea, dacché pare che, ad oggi, già 500mila persone siano in procinto di salpare dalle coste africane verso l’Italia nei prossimi mesi. Sono dati che non possono lasciare indifferenti, e che, con ogni probabilità, porteranno non ad una sostituzione ma ad un affiancamento di Triton a Mare Nostrum, con il problema migratorio che, nonostante le apparenze, da un punto di vista del soccorso e dell’accoglienza rimarrà fondamentalmente una faccenda che l’Italia dovrà sbrigare da sola, con tutti i costi (anche economici) che questo comporta.