Il CFP di San Giovanni Bianco e speriamo «ci salvino i robot»
Hanno gli occhi, recuperano oggetti e aggirano gli ostacoli. Ma non stiamo parlando di persone: bensì, dei robot programmati da alcuni studenti del Centro di Formazione Professionale di San Giovanni Bianco, che partecipa alla XII edizione di Bergamo Scienza col progetto Ci salvi il robot…again. Un lavoro fatto di componenti di tecnica, meccanica e programmazione, per un risultato sorprendentemente affascinante, dedicato agli ospiti più piccoli, ma non solo.
Dalle competizioni nazionali a Bergamo Scienza. Tutto inizia circa quattro anni fa, quando l’Istituto decide di aderire a Robocup Italia, una competizione a livello nazionale in cui scuole provenienti da tutto il Bel Paese si sfidano a suon di fotocellule e schede elettroniche da programmare. Gli studenti del Centro di Formazione, armati dei loro robot, approdano così sulla scena di Catania, poi di Trento e Pescara. Qui hanno modo di mettere alla prova le loro abilità meccaniche e di lavorare sui punti deboli dei robot che hanno realizzato in vista della gara. «Il primo anno è stato per noi un esperimento a tutti gli effetti, e al momento della prova, devo ammettere che c’è stata un po’ di delusione: abbiamo riscontrato problemi tecnici che non avevamo preso in considerazione prima, e alcuni meccanismi non hanno funzionato come avrebbero dovuto», spiega Nadia Sicheri, la preside dell’Istituto. «Lì c’è stato il panico generale. Ma quella prima esperienza si è trasformata in un’occasione per avere nuovi stimoli, e ha spronato sia i ragazzi che i docenti a ritentare, a fare ogni anno qualcosa di migliore».
Dalla competizione nazionale è scaturita poi la volontà di partecipare alle iniziative del territorio: ed ecco come una decina di studenti dell’Istituto professionale sono giunti a fare le guide per Bergamo Scienza, che vede quest’anno la seconda partecipazione del Centro di Formazione. L’organizzazione del progetto prevede una prima parte dedicata ad una breve presentazione del mondo della robotica, in auditorium, dove vengono mostrati i modelli di robot precedenti e le varie tappe “evolutive”. Da lì, si passa alla stanza di dimostrazione dove, su una pedana costruita appositamente da alcuni studenti con lievi forme di disabilità, i robot, in “metallo e ossa” sfilano lungo i percorsi progettati e sfuggono agli ostacoli che gli si parano davanti agli occhi (rigorosamente rossi).
L’importanza del rapporto con il pubblico. La partecipazione al Festival si è rivelata fondamentale per la formazione dei ragazzi che, durante il week-end di Scienza in Piazza, hanno avuto modo di mostrare ad un vasto pubblico il loro lavoro e, soprattutto, di sentirsi parte di un insieme meno circoscritto, scardinando almeno parzialmente il preconcetto che limita gli Istituti professionali alla sfera di competenza esclusivamente lavorativa. Come afferma la preside: «Oltre che per il concetto di vetrina, il fine settimana sul Sentierone è stato un arricchimento per l’idea di condivisione che porta con sé la realtà del festival. Mi sono resa conto dell’entusiasmo nella risposta del pubblico e l’entusiasmo dei ragazzi stessi nel mostrare ciò che era frutto del lavoro di quattro mesi. Qualche volta li ho visti in difficoltà nel gestire la timidezza, perché anche se la maggior parte delle domande arrivavano dai bambini, proprio perché erano domande molto dirette presupponevano una capacità di spiegazione adeguata».
Rapportarsi ad un pubblico più o meno ampio, tuttavia, rappresenta un passaggio obbligatorio per i ragazzi dell’Istituto di San Giovanni Bianco. «I nostri allievi, a partire dal secondo anno, iniziano l’esperienza di alternanza scuola e lavoro e nel quarto anno diventano tecnici del settore», continua Sicheri, «Ma saper parlare è fondamentale per loro, che durante l’anno svolgono svariati openday e devono fare dimostrazioni pratiche alla folla. Qualcuno, tuttavia, sfugge dalla possibilità di comunicare. I più riservati, a volte, rispondono “Siamo tecnici, sì, ma non tecnici di comunicazione”».
La parola ai ragazzi. «Il progetto di robotica ci è stato presentato qualche anno fa al patronato Epas di Vicenza: e ne siamo rimasti entusiasti, perché crediamo che la robotica sarà fondamentale nel futuro», spiega Mattia, una delle guide del progetto. «A Robocup Italia partecipano soprattutto studenti che fanno programmazione, mentre noi abbiamo pensato di partire proprio da zero, senza adattarci ad un robottino già esistente. L’unica cosa che non abbiamo fatto da noi è stata la scheda elettronica. Ed è una gran soddisfazione vedere durante la rassegna di Bergamo Scienza alcuni bambini rimanere esterrefatti davanti a quello che abbiamo creato. Molti sono piacevolmente stupiti e ci chiedono se per davvero, a scuola, ci lasciano costruire i robot».