Luana Raffuzzi, che da 40 anni decora la chiesa della Dorotina di Mozzo
Fu incaricata da don Giuseppe Turani negli anni ’80. La croce in mosaico, l’ambone, l’agnello sotto l’altare, il tabernacolo. Nel 2003 le vetrate, poi il portale e le porte. Ora manca il fonte battesimale
di Dino Ubiali
A Mozzo non c'è la Veneranda Fabbrica, che dal 1387 è la fabbriceria del Duomo di Milano, ma i lavori alla chiesa della Dorotina, dopo la sua costruzione terminata nel 1975, non sono ancora terminati a distanza di oltre 40 anni. Le solide mura in cemento armato sono state via via abbellite con mosaici, vetrate che hanno arricchito la chiesa dedicata a Maria Madre della Chiesa, che fino al 2000 faceva parte della parrocchia di Ponte San Pietro. Chiesa fortemente voluta dai residenti del quartiere che dopo gli anni ’70 era cresciuto con tante nuove ville, il “buen retiro” allora ai confini di Bergamo.
Uno dei protagonisti del quartiere è sicuramente Luana Raffuzzi artista poliedrica che ha il suo atelier proprio dietro la chiesa. «Sono nata a Firenze e a 19 anni avevo conosciuto sulle montagne dell’appenino tosco-emiliano quello che sarebbe diventato mio marito». Il marito Giorgio Frausin, di origini modenesi, conobbe Luana durante una delle interminabili passeggiate sulle montagne che separano l’Emilia dalla Toscana. «Stava per partire per il militare e i primi lunghi mesi di frequentazione furono epistolari, lui nella contraerea militare in Sardegna e io nella mia città. Al ritorno dal servizio militare ci sposammo e mio marito trovò lavoro alla Philco, che in quegli anni assumeva molti tecnici». Doveva essere una permanenza provvisoria quella bergamasca, e infatti i coniugi Frausin trovarono un piccolo appartamento alla Merena di Mozzo. «Io stavo proseguendo negli studi, nel 1967 nacque la mia prima figlia Licia e ci integrammo velocemente nel quartiere che stava crescendo in mezzo ai campi della Villa Dorotina». Gli studi artistici di Luana furono lo spunto per la sua attività successiva: «Fino alla maggiore età di Licia, per me era solo una passione, ma subito dopo mi potei dedicare a tempo pieno al disegno, alla pittura e a diverse tecniche sperimentali che mi consentirono di crescere come artista».
Luana segue corsi di perfezionamento nelle arti pittoriche, anche a Firenze e a Viareggio in tecnica delle maschere di cartapesta del ’700. Insegna arte, si specializza in mosaico e acquaforte, realizza scenografie teatrali e con altri colleghi apre una scuola a Valbrembo di anatomia e nudo, dove inaugura il laboratorio della tecnica del ’600 dell’acquaforte. Intorno agli anni ’80 a Luana viene commissionato dall’allora parroco don Giuseppe Turani il progetto dell’imponente croce in mosaico ravennate, di marmo e vetro d’oro (altezza 3.60 x 2.90 metri) che sovrasta l’altare della chiesa. «La tecnica del mosaico per molti viene identificata con chi taglia le tessere, mentre la realizzazione è molto più complessa. Richiede lo studio del disegno, la definizione delle singole tessere, la scelta del materiale che poi il mastro tagliatore utilizza e poi c’è chi compone l’opera rispettando il progetto originario. In questo caso ogni tessera cattura la luce e quindi occorre fare molta attenzione alla composizione. L’obiettivo dell’opera oltre che l’immagine sacra era quella di dare luce all’edificio in cemento armato, molto buio. La luce naturale scende dall’alto e per effetto delle singole tessere del mosaico la riflette sull’ambiente circostante». Negli anni successivi un nuovo progetto...