Le scuole per Bergamo Scienza

L'ISIS Luigi Einaudi di Dalmine e le sue uova da "non rompere"

L'ISIS Luigi Einaudi di Dalmine e le sue uova da "non rompere"
Pubblicato:
Aggiornato:

DSC_0518

 

Per la XII edizione di Bergamo Scienza, gli studenti dell’Istituto Luigi Einaudi si sono trasferiti a Città Alta, nella cornice del Palazzo della Ragione. Con loro, 720 uova da portare in salvo e una folla di bambini disposti a farsi paladini dell'impresa. Con il laboratorio Non rompere, la scuola di Dalmine ha invitato gli ospiti a scoprire come si possa gettare un uovo da un balcone, e ritrovarlo al suolo intonso. Senza che sulla sua corazza rosa ci sia il benché minimo graffio.

Il salvataggio delle uova. Ha raccolto più del doppio delle persone preventivate il laboratorio Non rompere che, nello spazio di un singolo week-end (11-12 ottobre) ha registrato la presenza di circa 700 visitatori. «Partecipiamo a Bergamo Scienza da anni, ma questa volta abbiamo scelto di dedicarci ad un evento unico, da proporre alla cittadinanza di Bergamo». Così racconta Cristina Arienti, docente di Matematica e Fisica dell’Istituto Luigi Einaudi e curatrice del progetto Non rompere,che,riscuotendo un successo assoluto tra i partecipanti, ha dimostrato di essere unico per davvero.

DSC_0020
Foto 1 di 12
DSC_0022
Foto 2 di 12
DSC_0028
Foto 3 di 12
DSC_0042
Foto 4 di 12
DSC_0146
Foto 5 di 12
DSC_0207
Foto 6 di 12
DSC_0230
Foto 7 di 12
DSC_0231
Foto 8 di 12
DSC_0244
Foto 9 di 12
DSC_0246
Foto 10 di 12
DSC_0247
Foto 11 di 12
DSC_0250
Foto 12 di 12

Le regole del gioco? Avendo a disposizione delle uova e del materiale di facile consumo (piattini di plastica, sacchettini, cannucce e palloncini), ogni ospite (o ogni famiglia, a seconda dei casi) doveva studiare, progettare e infine costruire una sorta di salva-uovo, qualcosa che risparmiasse l’integrità dell’uovo nel suo estremo lancio nel vuoto dal balconcino di Palazzo della Ragione. Una volta terminate le costruzioni (solitamente consistenti in paracaduti, air-bag, o packaging) si passava alla prova del nove: l’esito del lancio determinava, ovviamente, l’efficienza della progettazione.

Poi, si poteva andare oltre il gioco e addentrarsi nel profondo della teoria della fluidodinamica e perdersi, con il supporto dei docenti, nei calcoli tra lunghezza e dimensione degli elementi del paracadute. Un’idea brillante, una location straordinaria e le 720 uova offerte da Cascina Italia hanno reso possibile il laboratorio e attirato una folla di curiosi e di inventori improvvisati che, instancabili, si sono dati da fare perché il destino delle uova fosse a lieto fine.

«Abbiamo deciso di accogliere anche le persone che non si erano iscritte, perché l’evento, ovviamente, ha richiamato tantissima gente. Finché c’è stato posto, noi abbiamo permesso a chiunque di accedere», ha spiegato Arienti. La tecnica su cui si basava il progetto era la medesima sfruttata nei musei: adottare un approccio non formalizzato ai problemi tecnici-scientifici. Il che ha significato tentare e ritentare in base all’intuito e, perché no, alla fantasia, per raggiungere l’obiettivo prefissato: non rompere l’uovo.

DSC_0259
Foto 1 di 8
DSC_0286
Foto 2 di 8
DSC_0355
Foto 3 di 8
DSC_0357
Foto 4 di 8
DSC_0365
Foto 5 di 8
DSC_0379
Foto 6 di 8
DSC_0389
Foto 7 di 8
DSC_0436
Foto 8 di 8

La preparazione dei ragazzi (e una regola: divertirsi). La preparazione del laboratorio è stata rapida e, tutto sommato, agevole. Si trattava di ragionare sull’occorrente e procedere nel reperirlo. Ma anche la formazione degli studenti coinvolti è stata in realtà molto veloce, poiché non ha richiesto la concentrazione su nozioni troppo complesse: «Volevo che anche per i miei ragazzi», rivela la professoressa, «La parte più importante dell’esperienza fosse divertirsi. Così, abbiamo semplicemente sperimentato insieme l’attività e, sulla base delle loro personali osservazioni, hanno indirizzato i partecipanti, ma per lo più limitandosi a dare dei suggerimenti».

Niente tecnicismi, dunque, per i trenta studenti-guida di Dalmine, ma semplicemente libertà: di divertirsi e di commettere errori per arrivare alla soluzione. «Lasciare liberi di provare sulla propria pelle, di commettere errori, per me è fondamentale. È un modo per lanciare un seme. Ho sentito di qualche collega con figli che, una volta a casa volevano rilanciare le uova dalla finestra per scoprire se la tecnica era migliorata. La scienza è così», ha concluso la docente: «Quello che impari a scuola è bello, ma quello che impari con la pratica ha una valenza assolutamente straordinaria».

[Fotografie di Lucia Ravazzi e Giacomo Gamba]

Seguici sui nostri canali