A Desenzano di Albino ha chiuso il barbiere Paris. La fine di un negozio ultrasecolare
Giù la serranda della barberia più antica del paese, quasi un museo. Annibale, 75 anni, ha deciso di fermarsi e nessuno prende il suo posto. Lo chiamano "Sentinella del Santuario", negli anni ha salvato bambini, beccato borseggiatori che rubavano in chiesa. Ma ora è stanco e il virus ha dimezzato il lavoro
di Fabio Gualandris
Ultimo giorno del mese e ultimo giorno di serranda alzata nella barberia più antica di Albino, quasi un museo che attraversa oltre un secolo di storia recente. Si trova nel cuore della frazione di Desenzano al Serio, in piazza del Santuario. Ci accoglie l’ultimo gestore, Annibale Paris, 75 anni, nato a Desenzano due giorni dopo la Liberazione in quello stesso edifico della sua attività, allora era via Roma. Figlio d’arte, sposato con Luigia Cominelli e padre di Emanuela che gli ha regalato un nipote.
Da quanti anni è aperto il negozio di barbiere?
«Non esagero se dico da più un secolo».
Ci racconti un po’ la storia…
«Mio padre, Ferdinando, originario di Albino, si trasferì a Desenzano nel 1935, quando rilevò l’attività per 800 Lire dal gestore precedente, Giuseppe Pegurri, che era parrucchiere e pure sarto. Quando terminai la quinta elementare, a 11 anni, iniziai subito a lavorare con papà, e il mio percorso è arrivato a compiersi proprio oggi, martedì 30 giugno. Per un certo periodo mio papà lavorò anche con mio zio, me s’ere “ol bòcia”. Dopo qualche tempo lo zio emigrò in Svizzera, io e mio padre per un certo periodo proseguimmo insieme fino a quando lasciò in affittò il negozio a Pietro Margosio di Albino, cambiai così collega di lavoro e alla su morte gli subentrai».
Qualcuno l’ha definita “Sentinella del Santuario”, ha ricordi da condividere?
«Un ricordo di quando avevo vent'anni, successo all'esterno del santuario della Madonna della Gamba, che è proprio di fronte al mio negozio. Le Messe iniziavano alle 4 del mattino, io aprivo alle 7. Dopo le funzioni alcune donne erano abituate a sedersi sopra una sbarra all'esterno del santuario, un po’ per scambiarsi due parole, un po’ per fare un spuntino. A un certo punto udii un forte rumore e urla, la barra aveva ceduto e le donne erano volate da circa tre metri di altezza. Fu grande la sorpresa nel vederle indenni, tanto che la gente urlava “Miracolo, miracolo, i s’è face negot”».
Altri aneddoti?
«Altro fatto curioso di tanti anni fa riguarda una mamma e il suo bimbo in carrozzella. Abitava in via Torre, una stradina in salita proprio qui dietro. Nell'aprire il cancello della propria abitazione non si era accorta che la carrozzina era “scappata via” rotolando verso la strada dove stava per sopraggiungere un pullman della Stei. Ho sentito “aiuto, aiuto!”, sono uscito dal negozio come un razzo e preso la carrozzina al volo. Fu un grande spavento per tutti, in particolare per quella mamma e per l’autista che si è fermato a 50 cm dal possibile impatto fatale. Fortunatamente il bimbo se l’è cavata con un solo bernoccolo in testa causato da quel mio raid volante, siamo infatti andati a sbattere contro il muro del santuario. È stata questione di attimi».
Perché chiude?
«Chiudo perché sono stanco di stare qui. Un po’ anche il virus ha dimezzato il lavoro, la clientela è calata e le tasse sono alte: questo è il tempo delle vacche magre. Ho notato anche che i giovani d’oggi sono più alti di statura ma con meno capelli, allora comprano la macchinetta e si pelano da soli (ride, ndr), la barba la fanno con il rasoio elettrico e il barbiere lavora meno. Comunque sono in pensione già da 12-13 anni».