Ubi-Intesa, anche i bergamaschi verso il "sì" all'offerta: i retroscena del Patto dei Mille
Se dalle grandi famiglie del Car tutto tace, tra gli azionisti storici della città, invece, si aprono sempre più brecce in favore del passaggio a Ca' de Sass. Scintille tra il presidente Matteo Zanetti e il suo vice Alberto Barcella
di Andrea Rossetti
Di fatto, mancano soltanto i bergamaschi. Nella fondamentale partita del tentativo di acquisizione di Ubi da parte di Intesa Sanpaolo, ormai sono soltanto i grandi azionisti bergamaschi (più la famiglia bresciana Gussalli Beretta), divisi tra il patto Car e il Patto dei Mille, a restare (per ora) arroccati sul no all'Ops lanciata da Ca' de Sass. Anche qui, però, qualcosa si muove.
Dopo giorni di attendismo e tatticismi, la svolta nell'ambito dell'Ops è arrivata tra la sera di giovedì 16 e venerdì 17 luglio, quando prima l'Antitrust ha dato il via libera (condizionato) all'operazione e poi Intesa ha annunciato l'aggiunta di un premio cash pari a 0,57 euro ad azione per ogni azionista che aderirà all'offerta, alzando il premio complessivo dell'operazione dal 28 a oltre il 44 per cento. In sostanza, chi aderirà non solo riceverà in cambio di dieci azioni Ubi diciassette azioni Intesa, ma anche soldi in denaro sonante per ogni azione. Una mossa che ha definitivamente rotto il muro dei no, facendo cadere la resistenza, ad esempio, della Fondazione Banco del Monte (4 per cento circa delle azioni di Ubi) e della Fondazione Cassa risparmio di Cuneo (5,9 per cento), che hanno aderito all'Ops.
Sempre venerdì 17 mattina, con un'intervista al Giornale di Brescia, anche la componente bresciana dell'azionariato di Ubi, racchiusa nel Sindacato Azionisti, aveva annunciato la decisione di aderire all'Ops, tirando per di più le orecchie ai membri del Car e del Patto dei Mille che, nei mesi precedenti, si erano esposti duramente contro l'operazione e l'offerta di Intesa. A questo punto, in attesa che gli azionisti istituzionali, ovvero i fondi, aderiscano all'Ops (pare essere solo questione di tempo), rimangono solo i grandi imprenditori bergamaschi del Car (che detiene il 19 per cento circa delle azioni, ma che ha perso diversi pezzi, a partire dalle due fondazioni sopracitate) e i bergamaschi del Patto dei Mille (1,6 per cento) dalla parte del no. Ma, anche qui, le cose si stanno muovendo.
Sabato 18, in un'intervista ad Adnkronos, Alberto Barcella, vicepresidente del Patto dei Mille, ha ribadito la contrarietà all'offerta, affermando che «il rilancio è un passo avanti, ma la valorizzazione del patrimonio di Ubi è ancora insufficiente». Un'uscita che non è affatto piaciuta a Matteo Zanetti, presidente del Patto, il quale nelle ore immediatamente successive ha smentito Barcella: «La sua posizione non rappresenta quella del Patto dei Mille». Un'affermazione che, di fatto, mostra come, in realtà, tra la componente storica bergamasca dell'azionariato di Ubi ci sia più di una valutazione in corso. E che la maggioranza pare orientata ad accettare l'offerta. Ricordiamo che nel Patto dei Mille rientrano alcune delle più importanti e storiche rappresentanze bergamasche dell'imprenditoria locale, di matrice ex Popolare di Bergamo: dalla famiglia Zanetti alla Diocesi, passando per Confindustria, Italmobiliare (della famiglia Pesenti), la Persico, Pezzoli, Vanier e Zambaiti. Novità in tal senso dovrebbero arrivare nel tardo pomeriggio di domani, 21 luglio, quando Matteo Zanetti presenterà ai rappresentanti del Patto i report dei due advisor di Ubi, contenenti pro e contro dell'Ops nell'ottica delle ultime novità. Tacciono i membri bergamaschi del Car, i primi a febbraio a essersi esposti con un duro diniego all'Ops. Intesa, dal canto suo, ora sta rivolgendo invece le proprie attenzioni ai cosiddetti azionisti retail, ovvero i più "piccoli", quelli non uniti in nessun patto. Saranno questi, stimati in circa centomila unità e detentori di una fetta importante dell'azionariato, a influire pesantemente sulle sorti dell'Ops, che a questo punto sembra però in dirittura d'arrivo.