Prudenza sempre, ma non dobbiamo avere paura: la seconda ondata, a Bergamo, non c'è
Pochissimi ricoveri in terapia intensiva e i positivi hanno una carica virale bassa: merito delle mascherine e del distanziamento

di Paolo Aresi (vignetta in apertura di Luca Nosari)
Quindi la nuova ondata di malattia Covid-19 è partita? No, per niente. Dalle nostre parti no di certo. Con buona pace dei giornali e dei media in generale che per tutta l’estate hanno diffuso bollettini di guerra. Con due risultati: da un lato hanno spaventato le persone fragili e magari più rigorose, dall’altro hanno fatto dire agli sciamannati: «Chi se ne frega, andiamo in discoteca e alla movida, tanto ai giornali non ci credo».
Anche giornali nazionali, anche giornali tradizionalmente seri, come tanti siti di informazione in Internet, sono caduti nella linguaggio guerresco. Martedì Repubblica titolava in prima pagina: “La seconda ondata - Virus, riparte la battaglia”. Ma è soltanto un esempio. Come dicono i medici seri, gli scienziati che se ne intendono, bisogna essere prudenti, tenere le distanze e le mascherine e questo ci salverà. Per adesso, la seconda ondata non si vede. A Bergamo c’è una sola persona intubata in terapia intensiva, ma è una persona con diversi problemi, non solo di coronavirus. E riguardo ai tanti positivi? Rispondono bene Remuzzi e Rizzi: emergono perché si fanno migliaia e migliaia di tamponi, ma, in generale, stanno bene perché - cosa che i media non dicono - la “carica virale” è molto bassa.
Ma i bollettini di guerra hanno lasciato il segno. Anche in Bergamasca ci sono persone che non escono di casa, per paura. A giugno, luglio, agosto e settembre al Papa Giovanni non è stato ricoverato nessuno, eppure la gente ha paura. Non va bene la paura, dice Remuzzi, perché la paura è l’anticamera della psicosi. Occorre consapevolezza.
Ma la psicosi c’è. Te ne accorgi allo sportello della banca. Dice un impiegato con quasi quarant’anni di servizio: «I maleducati ci sono sempre stati, ma adesso si esagera. Dopo il Covid il numero di persone nervose, pretenziose, che ti trattano male, si è moltiplicato». E un altro: «C’è un collega con la febbre al piano di sopra e io vado nel panico, non sono andato nemmeno a mettere a letto mio padre invalido perché temevo di essere contagiato. È una paura irrazionale, mi rendo conto, magari quel collega non ha nessun coronavirus e magari non l’ho nemmeno incontrato perché siamo in uffici diversi. Ma ho paura».
C’è un luogo perfetto per misurare lo stato d’animo della gente: la strada. Sulla strada, in auto, in moto, ma anche in bicicletta, si manifestano gli stati d’animo. Dice un ciclista che regolarmente usa la bicicletta, ogni giorno, in città e fuori città: «Se fino a qualche mese fa attentavano alla mia vita una volta alla settimana, adesso succede quasi tutti i giorni perché i comportamenti si sono fatti più scorretti. Quando guidi un’automobile sei potenzialmente molto più pericoloso rispetto all’andare in bicicletta o a piedi, bisogna essere attentissimi. Ormai invece è normale che gli automobilisti mi superino e dopo dieci metri svoltino a destra, tagliandomi la strada. Oppure che escano dallo stop senza rispettare la precedenza o che aprano la portiera senza guardare bene se qualcuno sta arrivando. È una “microcriminalità” stradale molto pericolosa».