Inchiesta Report sui caschi Cpap, Cajazzo: «Nessuna dimenticanza, chiesti alla Protezione civile»
La lettera indirizzata alla redazione di Rai3 dai legali dell'ex direttore generale Welfare di Regione Lombardia spiega che l’Unità di crisi, tenendo conto delle difficoltà di trovare sul mercato privato i dispositivi, avrebbe attivato altri canali per ottenere i presidi medici
«Per quanto riguarda i caschi utilizzati per la ventilazione non invasiva (C-PAP), premessa la (quanto meno) dubbia significatività di un singolo episodio, riferito ad un singolo giorno e ad un singolo ordine, evidenzio che in data 15 marzo 2020 (il giorno precedente alla comunicazione da Voi citata) si effettuava una richiesta alla Protezione Civile di 82 caschi C-PAP per la Asst Bergamo Est». Così l’ormai ex direttore generale Welfare di Regione Lombardia interviene in merito all’ordine che, secondo quanto ricostruito nella puntata di Report andata in onda ieri (lunedì 9 novembre), la centrale acquisti del Pirellone Aria si sarebbe dimenticata di effettuare.
In una risposta scritta indirizzata alla redazione di Rai3, Cajazzo spiega che non ci sarebbe stata nessuna dimenticanza da parte dell’Unità di crisi. Al contrario, tenendo anche conto delle difficoltà di trovare sul mercato privato questi dispositivi, Regione Lombardia avrebbe attivato altri canali per ottenere i presidi medici. «Sin dall’inizio dell’emergenza la Direzione generale Welfare aveva censito le apparecchiature in dotazione alle diverse Asst per stimare il potenziale fabbisogno di ogni singola struttura – si legge del documento di risposta -. Le conseguenti assegnazioni tenevano conto, pertanto, sia delle dotazioni già censite, sia di quanto si riusciva ad ottenere da altri canali».
Le assegnazioni sarebbero state effettuate anche sulla base dei posti letto con ventilazioni presenti nelle diverse Aziende socio-sanitarie e, a marzo, sarebbero stati anche trasferiti 30 caschi Cpap dall’Asst Papa Giovanni XXIII all’Asst Bergamo Est. In definitiva, sostiene Luigi Cajazzo, sarebbe stato fatto tutto il possibile per tutelare la salute dei cittadini e «una iniziale lista di distribuzione relativa ad una singola ditta o una mancata consegna giornaliera di materiale, non possono certamente dare il quadro complessivo di quanto sia stato fatto, delle distribuzioni globalmente effettuate nel periodo febbraio-marzo, nel contesto complessivo della più grande emergenza sanitaria che ci siamo mai trovati ad affrontare, con molteplici fronti aperti quotidianamente e contemporaneamente».
L’inchiesta di Report puntava il dito anche contro il criterio che ha regolato la distribuzione dei dispositivi di protezione individuale a disposizione del personale medico. In particolare, l’Asst Bergamo Est avrebbe chiesto ad Aria di poter disporre di dispositivi di protezione individuale e di tamponi, che però venivano dirottati per consuetudine ad altre zone della Lombardia. Nel merito, Luigi Cajazzo scrive che le liste di distribuzione redatte sulla base di criteri oggettivi riguardano «singoli fornitori e non il panorama complessivo degli ordini che venivano indirizzati a svariate ditte per far fronte alle richieste» e che si è cercato di soddisfare le richieste che arrivavano dai territori maggiormente colpiti dai contagi. «Solo per citare le mascherine Ffp2-Ffp3-KN95 – spiega l’ex direttore generale Welfare -, nel periodo 24 febbraio – 15 marzo 2020 risulta che l’Asst Bergamo Est ne abbia ricevute 17.220, mentre l’Asst Lariana e l’Asst Sette Laghi (pur con molti più dipendenti e posti letto) ne abbiano ricevute rispettivamente 5.020 e 3.880». Un discorso analogo varrebbe per camici e altre forniture mediche.