Protesta nazionale

Ristoratori e baristi sfidano il Dpcm: aperti il 15 gennaio. Ascom: «Ci dissociamo»

Sui social è virale l'hashtag #IoApro1501, iniziativa di disobbedienza civile che invita i titolari dei locali di tutta Italia ad aprire indipendentemente dalle misure del Governo. Un'iniziativa condannata dal direttore Oscar Fusini

Ristoratori e baristi sfidano il Dpcm: aperti il 15 gennaio. Ascom: «Ci dissociamo»
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di Federico Rota

Qualsiasi tipo di manifestazione è al momento bandita. Ciò nonostante, baristi e ristoratori sono ormai arrivati al limite della sopportazione e per loro venerdì prossimo, 15 gennaio, sarà una giornata di protesta. Sui social è infatti diventato virale l’hashtag #IoApro1501, che invita i titolari dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di tutta Italia ad alzare la saracinesca e accogliere nuovamente i clienti indipendentemente dalle misure che il Governo si appresta a varare.

Tra le misure più contestate a livello nazionale del prossimo Dpcm, da parte di una categoria già piegata da mesi di chiusure e limitazioni, vi è infatti la proroga dello stop alle cene ma soprattutto il divieto di asporto di cibi e bevande dai bar dopo le 18 per evitare assembramenti. Provvedimenti che devono ancora essere confermati ma che già fanno discutere, tanto che baristi e ristoratori italiani hanno deciso di lanciare questa forma di disobbedienza civile e pacifica nel giorno in cui scadrà il vecchio provvedimento governativo.

«È un’iniziativa dalla quale ci dissociamo totalmente – sottolinea il direttore di Ascom Bergamo Oscar Fusini -. È fondamentale continuare ad avere un dialogo costruttivo, di confronto e di collaborazione con le istituzioni, soprattutto a tutela delle attività più piccole. Il rispetto della legalità è il principio cardine che guida la nostra azione».

«Ci sono arrivate tante richieste di spiegazioni da parte dei nostri associati – continua Fusini -. Non sappiamo chi l’abbia lanciata sui social, ma invitiamo tutti i titolari delle attività a riflettere bene alle possibili conseguenze di una protesta di questo tipo. Non si rischia soltanto una multa da 400 a 1.000 euro, ma anche la chiusura temporanea del locale, come sanzione accessoria, e nei casi più gravi anche una denuncia penale, come accaduto in occasione della manifestazione di protesta culminata sotto casa del sindaco Giorgio Gori».

Il direttore di Ascom Bergamo non nega comunque il clima di profonda apprensione e amarezza che serpeggia nella categoria. «La politica del Governo fondata sul susseguirsi continuo di aperture e immediate chiusure si è rivelata perdente – critica Oscar Fusini -. È un modo puerile di affrontare la problematica. A distanza di circa un anno servirebbero provvedimenti di ampio respiro, che consentano ai gestori di programmare la propria attività».

Prova ne è che nelle 48 ore in cui la Lombardia è stata in zona gialla, circa la metà dei locali bergamaschi ha comunque deciso di restare chiusa perché i costi di gestione non avrebbero giustificato un’apertura di soli due giorni.

Se in primavera la chiusura totale era l’unica opzione sul tavolo per arginare la crisi sanitaria, a distanza di un anno questa sola ricetta non è più sostenibile. «L’ulteriore stretta che pare ormai essere in dirittura d’arrivo sarà l’ennesima mazzata – conclude il direttore Fusini -. Quel che è peggio è che si inizia ad avere la sensazione che questa situazione non possa finire a breve».

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