Futuro del Grand Hotel di San Pellegrino: l'idea di ospitarvi l'Università di Bergamo
Dopo il tentativo fatto nel 2019, il Comune di San Pellegrino ha chiesto nuovamente all'Ateneo di ospitare parte dei corsi di laurea nello storico edificio liberty
Dopo il sondaggio esplorativo lanciato a giugno del 2019, il Comune di San Pellegrino torna a farsi sotto, proponendo all’Università di Bergamo di ospitare parte dell’Ateneo negli spazi del Grand Hotel. La notizia è stata resa nota da L'Eco di Bergamo, spiegando che da giugno tornerebbero agibili i 2.400 metri quadrati del pian terreno dello storico edificio liberty.
La proposta
Un recupero reso possibile anche dallo stanziamento di oltre 18,6 milioni di euro, con i quali sono stati finanziati i lavori di consolidamento e sistemazione della hall e dei locali di maggior pregio architettonico dello stabile.
Questa volta però, a differenze di quanto accaduto circa due anni fa, la proposta lanciata dal Comune della Val Brembana potrebbe trovare terreno fertile tra i vertici dell’Università, visto anche l’annuncio fatto dal rettore Remo Morzenti Pellegrini, che si è detto disponibile a trasferire alcuni corsi di laurea proprio nelle valli bergamasche.
Chi lo sistemerà?
Nel frattempo ieri, lunedì 1 febbraio, è andato deserto il bando comunale lanciato per ricercare soggetti interessati a gestire la struttura e a completare i lavori, nonostante l’iniziale interessamento di quattro società tra cui “QC Terme”. A congelare il progetto la crisi innescata dall’emergenza sanitaria: per ultimare i lavori necessari a riaprire il Grand Hotel come albergo servirebbero infatti ulteriori 26 milioni di euro. Da qui il pensiero da parte dell’Amministrazione brembana di pubblicare un nuovo bando, aprendolo anche da enti pubblici.
L’obiettivo dichiarato del sindaco Vittorio Milesi è di valorizzare l’edificio, magari ospitando scuole di alta cucina, Rsa, oppure un centro di ricerca sanitaria. Un’ipotesi, quest’ultima, che pare abbia incontrato il gradimento dell’infettivologo Massimo Galli, che proprio a San Pellegrino aveva condotto uno studio epidemiologico di massa.