inchiesta Covid

Autovalutazioni con voti alti e piano pandemico non aggiornato: i dubbi dei pm bergamaschi

Le autovalutazioni che l’Italia inviava all’Oms hanno sempre contenuto voti alti. Il dubbio è che l’Italia si assegnasse le valutazioni senza un particolare approfondimento

Autovalutazioni con voti alti e piano pandemico non aggiornato: i dubbi dei pm bergamaschi
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Da ormai alcuni mesi l’attenzione della Procura di Bergamo è rivolta in particolar modo al mancato aggiornamento del piano pandemico italiano, principale argomento dei colloqui che il pool di magistrati e inquirenti hanno avuto a Roma con dirigenti del Ministero e gli ex ministri della Salute Beatrice Lorenzin e Giulia Grillo.

Al centro delle audizioni degli ultimi giorni, sono finite anche le autovalutazioni che l’Italia inviava all’Organizzazione mondiale della sanità. Moduli nei quali il nostro Paese risulta avere voti sempre molto alti per quel che riguarda la preparazione e la capacità di reazione in casi di emergenza sanitaria.

Come riporta Corriere Bergamo ciò è accaduto anche nel 2019, sollevando negli investigatori il dubbio che l’Italia si desse voti alti senza un particolare approfondimento. Oltre agli ex ministri della Salute, ascoltati come persone informate sui fatti, i pubblici ministeri hanno avuto un colloquio anche con Andrea Urbani, dirigente della programmazione e uno dei componenti del Comitato tecnico scientifico, ma non sono molte le informazioni che trapelano in merito ai contenuti delle audizioni. In molti, però, avrebbero detto che la compilazione dei questionari era una sorta di routine e che, in ogni caso, la revisione del piano pandemico sarebbe stata avviata ma non completata.

Il filone riguardante il mancato aggiornamento del piano pandemico italiano si è sviluppato dall’inchiesta partita per accertare eventuali responsabilità in merito alla chiusura e riapertura dell’ospedale di Alzano e, soprattutto, per la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana. Nel merito i pm attendono la relazione del consulente Andrea Crisanti, il direttore del laboratorio di microbiologia dell’Università di Padova.

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