Omaggio ad Astino con una serie di percorsi per runner
La valle è oggi Paesaggio naturale urbano premiato a livello nazionale: un qualcosa che ci rende orgogliosi di un privilegio
Di Marco Oldrati
Spesso correndo e chiacchierando con altri corridori ho detto “che fortuna, noi bergamaschi, poter godere del nostro passatempo in un ambiente così straordinario, Mura, Colli, Città Alta …”, tutti scritti con la maiuscola per sottolineare la loro eccezionalità.
E questa straordinarietà oggi è ufficiale: la Valle di Astino è il Paesaggio naturale urbano premiato a livello nazionale, un qualcosa che ci rende orgogliosi di un privilegio, di una situazione davvero unica e anche paradossale.
Astino, la valle, è l’unica conca rivolta a sud rimasta non urbanizzata nell’articolazione del Colle che va da Sombreno e Mozzo al ponte di Santa Caterina. È un gioiello di storia, con il Monastero ben recuperato, con le sue piccole enclavi incastonate nel colle, il borgo del Lavanderio, le Case Moroni, con il bosco di castagni dell’Allegrezza, con le sue frasche storiche scomparse, come quella di Castello Presati e quella appena all’inizio del sentiero che collega Astino con la Madonna del Bosco, e con i suoi sentieri e strade che sono il paradiso del corridore.
La storia del posto dal mio punto di vista comincia quando da bambino mio padre mi portava sulle coste umide rivolte ad ovest sotto la rampa che dal Lavatoio sale a Sudorno a prendere le primule dal bosco per la mamma e prosegue con le prime esplorazioni in bici quando ancora sotto l’Allegrezza si coltivava il granoturco, ma è stata la corsa a darmi l’idea della tela di ragno grandiosa e graziosa che si stende con epicentro proprio il monastero. Difficile anche descriverla, perché è talmente fitta e piena di angoli tutti diversi e particolari che si fa fatica a ricordarli tutti.
Cominciamo dal lato dell’alba, dal portone di Longuelo e dalla salita di San Matteo. Quando il ciotolato finisce parte una strada che sembra portarci verso San Martino e Città Alta, ma non abbandoniamo lo spartiacque: svoltiamo bruscamente a sinistra per la Ripa Pasqualina dopo cinquecento metri e superato un bivio saliamo oltrepassando la casa del grande Gino Veronelli fino a Sudorno. Rimanere sullo spartiacque ci comporta la fatica di salire per lo Scorlazzone e arrivare a San Vigilio per la rampa più dura, ma gli angoli di valle che ci si aprono a sinistra con i picchi che martellano gli alberi sono davvero degni di un Premio.
Ci siamo dimenticati di due “varianti” di Ripa Pasqualina, la “nuova” che sopra il tornantino che si stacca da Via San Martino e taglia la costa arrivando sopra via del Celtro e la vecchia scala ripida che appena prima di arrivare alla Chiesa dei Caduti di Sudorno scende un po’ a rotta di collo sempre verso Via del Celtro.
Poi ci sono i grandi tagli panoramici est- ovest della conca, i Torni, dalla chiesa dei Caduti a Pascolo dei Tedeschi, Via San Sebastiano, dal bar della Terrazza Panoramica di San Vigilio alla Chiesetta di San Sebastiano, poi ancora il taglio delle Case Moroni e del sentiero che sbuca sopra San Sebastiano (raggiungibile anche dalla vetta) e infine l’orlo del Colle, dal tornante che conclude la Panoramica di San Vigilio fino alla Bastia sempre sul lato sud.
Questi sono dei percorsi favolosi, perché con lunghezze diverse ma in maggioranza con un andamento pianeggiante consentono di vedere nell’insieme questo spazio dove l’uomo c’è, ma convive con la natura senza conflitti, con una certa tranquillità reciproca che porta volpi, scoiattoli e lepri a frequentare i giardini e le ortaglie e i boschi.
Ma non è finita: rimettiamoci al centro della tela e giriamo la testa da est a ovest standocene proprio davanti alla scalinata del Monastero: la salita, quella classica, ci ha fatto prendere la direzione più faticosa, ma anche affascinante per la possibilità che ci regala di vedere il sole nascere dietro le case di Sudorno o di scendere con minore fatica al tramonto nel colore oro delle pietre dei muri quando i raggi battono diretti da sopra il Monte Gussa o la Madonna del Bosco.
Qui fermiamoci al lavatoio e prendiamo fiato, c’è un segreto che pochi conoscono e che merita rispetto e silenzio, il borghetto del Lavanderio che raggiungiamo girando a sinistra al tornante. La mulattiera o scalinata di collegamento con Via Generale Marieni, con i Torni è per il momento bloccata, ma ci sono già stanziamenti per sistemarla e quindi presto tornerà percorribile anche questo collegamento.
Ma non è finita, dalla scalinata del Monastero giriamo a sinistra e dopo una breve rampetta siamo nel bosco dell’Allegrezza, con due varianti, una che ci porta fino al valico della Madonna del Bosco e l’altra che scende a sinistra sul tratto ben sistemato che conduce dalla casa del Parco dei Colli, appena prima della scalinata del Monastero, fino alla chiesa della Madonna del Bosco.
E per godere ancor meglio della bellezza di questa valle, oggi un breve tratto di pista ciclopedonale costruita sopra il fosso a sinistra della strada, dal parcheggio all’inizio della salita fino al monastero, permette di guardarsi intorno a trecentosessanta gradi senza intralciare o essere intralciati dalle poche macchine o motociclette che passano.
Un gioiello che per microclima, costruzioni, conservazione di elementi storici, delicatezza delle tracce umane, percorribilità per tutti i corridori o anche solo gli appassionati di una camminata costituisce un’attrazione da gustare nel suo silenzio, nella sua pacatezza. Rispettare la sua identità e la sua ricchezza è un dovere che abbiamo nei confronti di noi stessi, per continuare a correre e a vivere in un piccolo paradiso.