L'assassino si è tolto la vita

L’America sull’orlo del baratro dopo l’uccisione dei due agenti

L’America sull’orlo del baratro dopo l’uccisione dei due agenti
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Gli Stati Uniti stanno vivendo un periodo di altissima tensione razziale. Era dai tempi di Martin Luther King, 50 anni fa, che l’America non s’interrogava più su certi temi sociali, ritenuti superati e obsoleti. Erroneamente però, come hanno dimostrato le uccisioni a Ferguson di Michael Brown e a New York di Eric Garner, due uomini di colore uccisi, apparentemente senza alcun motivo, dalla Polizia. Darren Wilson e Daniel Pantaleo, rispettivamente i due agenti che hanno concretamente portato alla morte Brown e Garner, sono stati entrambi scagionati dal Gran Giurì, decisione che ha scatenato le ire della popolazione di colore americana, scesa in piazza più volte, negli ultimi due mesi, per manifestare il proprio dissenso. A parte rari casi di vandalismo, però, le proteste si erano sempre dimostrate pacifiche. Fino al 19 dicembre, quando Ishmael Brinsley, 28 anni, originario di Baltimora, ha deciso di ergersi a paladino della giustizia e ha freddato con una raffica di colpi di pistola alla testa due agenti del dipartimento di New York, Wenjian Liu e Rafael Ramos, morti poco dopo in ospedale. Brinsley si è tolto la vita una volta sentitosi braccato.

Un’esplosione di violenza che preoccupa. «Un’esecuzione in piena regola»: così gli inquirenti hanno definito l’attacco costato la vita ai due poliziotti, consumatosi a Bedford-Stuyvesan, quartiere ghetto di Brooklyn. La cosa più preoccupante è che l’atto di Brinsley era una volontaria vendetta per le uccisioni di Michael Brown ed Eric Garner, come aveva lui stesso dichiarato poco prima attraverso un post sul social network Instagram. Una foto, in cui era ritratta una pistola, e la cui descrizione recitava: «Oggi metterò le ali ai porci. Loro fanno fuori uno di noi e io ne faccio fuori due di loro». Prima di dirigersi a New York e freddare i due agenti, Brinsley aveva sparato alla sua fidanzata, nella Contea di Baltimora. La Polizia del luogo aveva identificato i post di Brinsley e i suoi movimenti, avvisando immediatamente i colleghi newyorkesi, ma era già troppo tardi.

Il gesto di un folle, come si può dedurre dalle informazioni riguardanti l’assassino: era stato arrestato varie volte in Georgia per furto, rapina, possesso illegale di arma da fuoco, ma era soprattutto un violento, come hanno confermato sua madre e sua sorella, che da tempo non avevano contatti con lui per paura. Gli investigatori sospettano che sia stato anche un membro di una nota gang chiamata Black Guerrilla, fondata negli anni '60 nel carcere di San Quentin, in California, da un membro delle cosiddette “Pantere nere”, George Jackson. Un paio di settimane fa, la gang aveva rivolto minacce contro la polizia di New York, dichiarando: «La stagione contro gli agenti è aperta». La paura è che il singolo gesto di un folle possa aprire le porte ad una spirale di violenza che, fino ad oggi, si era riusciti ad evitare.

 

instagram Brinsley

Il post su Instagram in cui Brinsley annunciava il suo folle gesto.

 

Polizia vs istituzioni. Un brutto segnale è anche quello che la polizia di New York ha dato alla popolazione, criticando manifestamente, seppur silenziosamente, il sindaco della Grande Mela, Bill de Blasio: una volta giunto al Woodhull Medical Hospital, dove erano stati trasportati i cadaveri dei due agenti, de Blasio è stato accolto da due file di poliziotti che, all’ingresso del sindaco, si sono tutti voltati, dandogli le spalle. Il motivo della protesta sono le parole che de Blasio rilasciò in seguito alla decisione del Gran Giurì di scagionare l’agente Pantaleo, reo di aver strozzato Eric Garner. De Blasio, infatti, dichiarò che in questi casi serve giustizia e che lo preoccupava l'atteggiamento di parte della polizia verso la popolazione di colore. Una non difesa che piacque poco ai vertici delle forze dell’ordine newyorkesi. A supporto del primo cittadino è intervenuto l’ex collega Rudy Giuliani, il quale ha difeso de Blasio e ha invece puntato il dito contro Obama, che era stato ben più duro nei confronti della polizia. A parere di Giuliani, «Obama ha una parte di responsabilità. Abbiamo avuto mesi di propaganda, a partire dal presidente, che potevano spingere tutti a odiare i poliziotti». Contemporaneamente il presidente Obama alzava la cornetta per parlare con Bill Bratton, numero uno del Dipartimento di Polizia di New York, porgendogli le sue condoglianze e assicurandogli supporto, aggiungendo che gli americani devono rifiutare la violenza e invece volgere preghiere e simpatia per i parenti delle vittime.

#BlackLivesMatter. In tutto ciò, alcuni media americani stanno tentando di gettare acqua sul fuoco. Le accuse mosse dalla polizia, infatti, alle istituzioni, ree di aver denunciato le violenze di alcuni agenti nei confronti della popolazione afroamericana e di aver così causato la morte dei due poliziotti, sono assolutamente fuori luogo. La violenza di Brinsley ha poco a che vedere con chi, tra novembre e dicembre, è sceso nelle strade per chiedere giustizia dopo le morti di Brown e Garner. Manifestazioni pacifiche, al ritmo dello slogan #BlackLivesMatter (hashtag che spopola anche su tutti i social da inizio novembre), ideato dopo la morte di Trayvon Martin, assassinato da un vigilante di quartiere a Miami Gardens, in Florida, nel 2012. Sul The Guardian, ad esempio, Khalil Gibran Muhammad ha definito questo movimento il modello da seguire per tutti i movimenti in favore dei diritti civili del XXI secolo. Segno che il gesto folle di Brinsley viene visto, dalla maggior parte dell’opinione pubblica, forze dell’ordine escluse, come il gesto singolo di una scheggia impazzita. La paura, però, è che in questo clima le schegge impazzite possano diventare molte, troppe. E a quel punto contenerle senza violenza sarebbe impossibile. La sensazione è che l’America si trovi sull’orlo di un baratro sociale senza precedenti, dal quale, se dovesse cadere, rialzarsi sarebbe veramente difficile.

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