Gli aficionados dei tamponi in farmacia: l'alternativa per avere il green pass, ma c'è anche altro
Sempre più persone usufruiscono del servizio: un viaggio tra chi vuol stare più tranquillo, le persone contro la vaccinazione e chi è ancora indeciso
Di Mattia Cortese
I tamponi in farmacia sono sempre più richiesti, soprattutto dopo l'obbligo di green pass per accedere a determinati luoghi, scattato a inizio agosto. Ma a usufruirne non è solo chi non vuole vaccinarsi per principio e le motivazioni sono le più diverse: ne abbiamo parlato con il Dottor Stefano Fumagalli, della Farmacia Fumagalli di Filago, che ci ha raccontato la sua esperienza.
«A seguito delle modifiche delle regole per il rientro dall'estero, siccome serve il tampone alcuni si rivolgono a noi per questo motivo, ma la maggior parte sono soggetti che non possono vaccinarsi per motivi medici oppure non vogliono farlo. C'è infine qualcuno che vi ricorre abitualmente, per tenersi controllato e tutelare i propri familiari e affetti. In ogni caso a partire dal 15 ottobre, con l'estensione dell'obbligo del certificato verde ad altri ambiti lavorativi, ci aspettiamo di veder aumentare le richieste».
I tamponi vengono effettuati nel parcheggio della farmacia, dopo il prelievo del campione bisogna attendere quindici minuti per avere il risultato del test, perciò capita spesso di parlare dei temi sanitari che, in provincia così come in tutto il Paese, hanno coinvolto l'opinione pubblica.
«Devo dire che negli ultimi tempi si è creato un gruppo di "aficionados" che richiede il servizio periodicamente. Certi non sono favorevoli alle vaccinazioni, per le motivazioni più diverse – continua il dottor Fumagalli -. Ogni tanto si discute, sempre in maniera molto serena e civile: alcuni non hanno fiducia, altri hanno paura. Ci sono persone che hanno avuto familiari e conoscenti con effetti collaterali dopo la somministrazione e poi altre non vogliono farselo imporre, per scelta politica».
Tra questi ci sono coloro che argomentano riportando opinioni e statistiche, ma nella maggior parte dei casi non citano la fonte o fanno riferimento a interpretazioni errate. Oppure sostengono che dal Covid si possa guarire, facendo ricorso alle cure: «Certo, ma il vaccino è all'interno di un contesto di prevenzione, non di cura. Ieri uno dei miei clienti ha affermato che il siero non è sicuro al cento per cento: bisogna ricordargli che purtroppo in campo scientifico la certezza assoluta non esiste».
«Tra gli appartenenti a questa categoria di non convinti, si fa riferimento per i propri dubbi ai sanitari e medici che si sono schierati contro il vaccino, ma spesso si tratta di definizioni generiche, raramente fanno nomi e cognomi. Alcuni mi portano come esempio il caso di Israele, che ha coperto la stragrande maggioranza della popolazione e ha numerosi vaccinati comunque in terapia intensiva, per cui sarebbe la prova della fallacità del siero. Anche qui si tratta di una conclusione erronea: se quasi tutti i cittadini di una nazione sono vaccinati, è normale che certi soggetti comunque si ammalino, finendo in ospedale. Ciò non significa che sia inutile mettere in sicurezza con questo sistema».