Bergamo sta diventando la città delle donne e degli uomini soli (con un cane)
I single in trent'anni da 14 mila a 27 mila. Centra l'allungamento dell'età, i giovani che escono dalla famiglia e separazioni e divorzi
di Angela Clerici
Sempre più soli, sempre più spinti a non condividere la propria vita, la propria casa con altre persone, che siano mogli, mariti, conviventi, figli... Il quartiere più “solo” di Bergamo è Sant’Alessandro, con il 54,9 per cento di famiglie composte da un’unica persona. Il regno dei single. Al secondo posto si piazza Città Alta, al terzo Pignolo. I borghi storici la fanno insomma da padroni in questa speciale graduatoria. Sono più adatti alla vita solitaria? La loro bellezza è la ricompensa per la perdita del partner? Questa situazione sembra alimentare un’altra caratteristica che negli anni si è fatta spiccata nella nostra città: l’abbondante presenza di cani, consolazione di tanti, e tante, single. In città si contano infatti ben 16.302 esemplari, tra cani di razza e meticci, regolarmente dichiarati e iscritti all'anagrafe canina (circa un cane ogni sette abitanti); nell'intera provincia di Bergamo, se ne contano complessivamente 235.023.
La statistica non lascia scampo e i numeri inquadrano in maniera disincantata il fenomeno: le famiglie formate da una sola persona, in Bergamo città, lo scorso anno erano più di 27 mila. Esattamente 27.073. Se andiamo indietro di trentaquattro anni, nel 1987, scopriamo che allora le famiglie di un solo componente erano circa la metà, per la precisione 14.091. Una rivoluzione culturale, una rivoluzione copernicana. Come dire che al centro della vita familiare la relazione stretta è tramontata. Dalla pluralità alla singolarità. Dalla vita di compromessi, fatiche e, magari amore, a un’esistenza solitaria, certo più tranquilla, probabilmente autoreferenziale. Più triste? Più monotona?
A colpire non è il fatto in sé, quanto la vastità del fenomeno perché il numero è grande: addirittura il doppio. Le ragioni del fenomeno sono diverse. Da un lato un motivo anagrafico: la vita si allunga, oggi i novantenni sono più di duemila, per esempio. Nel 1987 forse erano un paio di centinaia. E spesso le persone molto anziane restano sole perché il partner è deceduto. Ma la grande parte delle famiglie “mononucleari” trova origine in due altre ragioni: una buona parte di giovani vive per un periodo in maniera solitaria prima di prendere la decisione della convivenza. Secondo, e più importante elemento: separazioni e divorzi.
Dice Antonella Leidi, psicologa: «Tante separazioni hanno l’esito di indurre i partner ad attendere lungo tempo prima di legarsi ad altre persone. Nelle famiglie con figli di solito i bambini o i ragazzi restano con la madre, con il padre trascorrono meno tempo. L’uomo, in genere, prende un’abitazione e ci vive da solo ospitando una volta, due volte o magari tre volte alla settimana i figli. Questo parlando in generale, mediamente. Poi esistono situazioni diverse, è ovvio. In questa fase risulta quindi che il padre vive da solo, forma una famiglia di un solo componente, perché i figli risiedono con la madre. Quando i ragazzi crescono allora si pone la questione di una possibile, nuova convivenza. Qualche volta accade, talaltra no: chi esce da un divorzio spesso è molto provato dall’esperienza e non ha desiderio di entrare in una nuovo rapporto di coppia sotto uno stesso tetto. È un po’ come scottarsi con il fuoco, difficile avvicinarsi di nuovo».
Ma il fenomeno non riguarda soltanto le famiglie formate da una sola persona. (...)