Il pianeta di Walter Bonatti

Una mostra a Palazzo Reale a Milano celebra la fotografia di Walter Bonatti, uno dei più grandi alpinisti d'Italia, ed esalta l'incredibile storia dell'uomo e della natura.
Bonatti diceva che, con la fotografia, voleva mostrare a tutti quei luoghi incredibili in cui soltanto pochi potevano arrivare. Lui era uno di quei pochi. Per la prima volta una mostra - Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi – svela la sua tecnica fotografica, racconta i 14 anni passati come reporter per la rivista Europa e permette, a chiunque, di provare a camminare passo a passo accanto a questo straordinario personaggio e alle sue imprese.




Una vita al limite fra grandi successi e incredibili delusioni. Walter Bonatti è nato a Bergamo nel 1930 e fin da giovanissimo è stato rapito da quella incontrollabile passione per l'alpinismo estremo che ti porta a cercare di andare sempre più in alto, per vie sempre più difficili, lungo strade verticali non scritte e mai salite da nessuno. E già a 24 anni la vita lo mette di fronte alla sua sfida più grande. Era il 1954 e sopravvive una notte all'addiaccio a 8.000 metri sul K2. I compagni della spedizione si sono spostati troppo in alto per raggiungerli, lui è con Amir Madhi, entrambi bloccati nel buio senza tenda e senza riparo. Quella notte Bonatti non è morto, non si è congelato e non ha nemmeno deciso di abbandonare l'alpinismo anche se, da allora, ha preferito le avventure in solitaria e ha combattuto perché chiarezza fosse fatta sulla spedizione del K2.
L'ultima montagna e l'inizio di una vita da reporter. Nel 1965 Bonatti dà l'addio all'alpinismo estremo dopo aver aperto in 5 giorni, durante l'inverno, una nuova via sulla parete nord del Cervino. Da allora l'alpinista bergamasco abbassa lo sguardo e parte, camminando, all'esplorazione delle grandi sfide del mondo, fissando negli occhi l'orizzonte più lontano. In questa corsa verso l'estremo si porta dietro la sua macchina fotografica, iniziando a raccontare paesaggi che appartengono alle fiabe e alle leggende. Deserti sconfinati interrotti solo dal passaggio dell'uomo, ghiacci, giungle e luoghi sospesi fra realtà e mistero. Fra il '65 e il '79 la sua vita d'avventura e scoperte inanella un elenco di nomi incredibili: il Kilimangiaro, la ricerca delle sorgenti del Rio delle Amazzoni, l’isola di Pasqua, il deserto del Namib, Capo Horn, il “centro rosso” d'Australia, la Patagonia, il vulcano Krakatoa, i pigmei e l'Antartide.
Le opere di Palazzo Reale svelano tutta la magia e la meraviglia di questi viaggi, affrontati spesso in solitaria o insieme a pochi fidati compagni. In questi scatti c'è tutto l'amore e lo stupore di un uomo che ha girato il mondo, riuscendo sempre e comunque a meravigliarsi della sua bellezza. Il regalo che fa ai visitatori è così grande che non importa che molte di queste fotografie siano una sorta di autoritratto ambientato. In epoca di selfie molto meno interessanti, l'idea di vedere Bonatti in questi scatti lo rende, al contrario, un eroe mitico.




Fino all’8 marzo 2015 al Palazzo della Ragione di Milano. La mostra segna la connotazione sempre più definita delle sale espositive del Palazzo della Ragione milanese e rende omaggio a uno dei più grandi fotografi italiani. Perché queste immagini raccontano la storia di un uomo coraggioso, ma rappresentano anche la testimonianza di incredibili reportage che nulla hanno da invidiare al lavoro dei più grandi fotografi di quegli anni. L’esposizione è curata da Alessandro Mauro e Angelo Ponta, e con l’ausilio di video, documenti inediti e un allestimento particolarmente coinvolgente, ripercorre il racconto visivo, le vicende esistenziali e le avventure del grande alpinista.