Il perfetto metodo scova-glutine che mette al riparo i celiaci
Saranno presto ancora più sicuri i cibi per celiaci. Un pool di esperti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Napoli, che si occupano di biochimica, scienza dell'alimentazione, cibernetica, microelettronica e ottica, ha infatti messo a punto una tecnica in grado di rilevare tracce infinitamente piccole di proteine di gliadina, la principale componente del glutine, con una sensibilità 100 volte superiore rispetto alle metodiche tradizionali oggi utilizzate.
La novità. È innovativa e sfrutta un particolare principio fisico: l’effetto piroelettrico. Un fenomeno che, applicato alle molecole da studiare (come nel caso del glutine), di atomi o di ogni altro componente del materiale di interesse, porta alla formazione di cariche elettriche di segno opposto (con un + e con un -, come è nel caso delle pile). Queste vengono così richiamate, attratte e radunate su supporti o superfici ad hoc e rese quindi facilmente rilevabili da strumenti di lettura a scansione, come ad esempio uno scanner in fluorescenza.
Per i non addetti ai lavori sembra qualcosa di molto complicato (e forse lo sarà davvero), ma ciò che a noi interessa sapere è che questo strano principio fa bene alla salute. Degli intolleranti al glutine in particolare. Perché consente di accumulare e poi scovare con una precisione molto vicina all’assoluto la presenza di molecole di proteine di gliadina, altamente dannose per chi soffre di celiachia, e quindi concedere o meno al prodotto il marchio ‘gluten-free’ o la spiga barrata che dir si voglia con certezza.
Nello studio, pubblicato su Nature Communications, si apprende infatti che questa tecnica è dotata di una sensibilità di rilevazione pari a 0.005 parti per milione (ppm) di gliadine, una misura talmente piccola da non potere neppure essere pensata o paragonata alla punta di uno spillo, rispetto ai (soli) 0.3 ppm (che era già moltissimo) delle migliori tecniche reperibili in commercio.
Bisogna immaginare le proteine di gliadina come delle piccole lampadine disperse in un liquido che l’effetto piroelettrico porta a galla su una superficie, anch’essa infinitamente piccola, micrometrica (misura cioè 1 millesimo di millimetro) e fatte brillare con un grado di luce centuplicato rispetto a quanto avviene con un dispensatore convenzionale. Nulla può quindi sfuggire allo scanner scova-tracce di gliadina, anzi, anche quelle infinitesimali sono scoperte, perché la sua capacità di rilevazione della sostanza incriminata è stata perfezionata a tal punto da renderla circa cento volte migliore.
Non solo per gli alimenti. Ma non solo: la metodica, oltre che per gli alimenti, è adatta anche a rilevare particelle in altri ambiti e campi. Perché, contrariamente a quanto si possa pensare, il glutine non si trova solo nei cibi freschi, pre-confezionati e surgelati, che restano la principale fonte di contaminazione e ingestione, ma anche nei medicinali e nella colla di buste e francobolli.
Quindi una serie di stimoli esterni molteplici continui, difficili da evitare totalmente e che, anche se molto ridotti nelle quantità, sufficiente ad avviare l’infiammazione dell’intestino e a favorire, a lungo termine, lo sviluppo di diverse problematiche.
Obiettivo prossimo della ricerca. La possibile contaminazione resta quindi ancora un grosso scoglio, ma che i ricercatori si promettono di risolvere. Perché l’intenzione è ora quella di miniaturizzare il sistema di accumulo piroelettrico per renderlo più compatto e fruibile da personale anche non specializzato, senza ricorrere a lunghe e dispendiose analisi in laboratorio. Tra i migliori beneficiari della mini-strumentazione potranno essere non solo coloro che soffrono della malattia, ma anche aziende e produttori che, incorporandolo direttamente nelle linee di produzione, metterebbero al riparo cibi o altro dalla minima traccia di glutine.