Perché gli Usa hanno fatto boom (economicamente parlando)
L’inaspettata e macroscopica ascesa che l’economia statunitense ha fatto registrare nell’ultimo anno è sotto gli occhi di tutti: il Pil ha toccato livelli di crescita altissimi (oltre il 5 percento), la disoccupazione è ai minimi storici, e i margini di crescita sono ancora elevatissimi.
È paradossale come ad un momento così florido corrisponda una situazione di crisi, per l’amministrazione attuale, come non se ne vedevano da tempo: il consenso di Obama e dei democratici è in costante calo, Camera e Senato sono controllati dal Gop, che ha in mano anche la maggior parte dei governatorati; a quanto pare, sugli americani ha fatto molto più effetto la pessima reggenza del mondo da parte di Barack (ruolo che, volente o nolente, spetta al Presidente degli Stati Uniti) piuttosto che la, evidentemente, ottima gestione degli affari interni.
Ma tant’è, la politica è basata su dinamiche tutte proprie; quel che è certo è che l’America vive un momento di crescita che procede ad un ritmo che non si vedeva da 11 anni, ed è interessante provare a capire quali sono le cause che hanno permesso agli Usa di uscire in maniera così convincente da quella crisi economica che ebbe inizio, per poi attanagliare il mondo intero, proprio oltreoceano.
Anzitutto, un po’ di numeri. In primo luogo, occorre fare una dovuta precisazione: il Pil americano è sempre stato in crescita, anche negli anni più bui della crisi, ma a ritmi decisamente inferiori rispetto al consueto, ovvero introno al 2,5 percento; sul finire del 2013 sembrava che, per la prima volta da tempi immemori, l’aumento del prodotto interno lordo si fermasse sotto la soglia del 2 percento, rappresentando un momento di vera recessione per tutta l’economia statunitense.
Ma in questo 2014, è avvenuta un’inversione di tendenza incredibile: il Pil si è portato, secondo i dati dell’ultimo trimestre dell’anno appena conclusosi, al 5 percento di crescita, i consumi sono aumentati del 3,2 percento, gli investimenti in attrezzature da parte delle imprese dell’11 percento, i profitti aziendali di quasi il 3 percento; la disoccupazione è crollata quasi sotto il 5 percento, record storico, e il dollaro sta vivendo un momento di forza monetaria incredibile. Numeri e ritmi impressionanti, dunque, che necessitano di essere spiegati.
Le ragioni di questa crescita. Fra i tanti, un dato particolarmente significativo riguarda la forte crescita dei consumi, elemento che, per forza di cose, genera ricchezza. A cosa è dovuto questo implemento? Innanzitutto, al crollo del prezzo del petrolio: i 60 dollari al barile si sono tradotti in consistenti sconti per carburanti e riscaldamento, la benzina costa circa 2 dollari al gallone (3,7 litri), la metà rispetto al 2008, l’anno della grande crisi; i cittadini si sono ritrovati più denaro in tasca e sono scattati come una molla compressa per troppo tempo, riversandosi nei centri commerciali, acquistando beni per la casa, apparecchi tecnologici, viaggi. E non si può trascurare come questo netto abbassamento del prezzo del greggio sia stato causato proprio dagli Stati Uniti stessi (l’avevamo spiegato qui). A ciò si collega, analogicamente, il fatto che gli Usa stiano pian piano cominciando a godere di un’indipendenza energetica che, oltre a comportare grandi guadagni per un intero e mastodontico settore, permette di evitare ingenti spese ne reperimento di energia da fonti estere.
Un altro fattore del boom dei consumi è stato sicuramente il drastico calo della disoccupazione: nei primi mesi del 2014 hanno trovato lavoro ben 200 mila persone, cosa che significa più salari e quindi più denaro speso. Ciò è stato particolarmente favorito da un contesto di estrema flessibilità del mondo del lavoro: i cittadini americani sono più disposti, rispetto ad esempio a quelli europei, a cambiare radicalmente genere di mansioni e ad avere uno stipendio anche molto più basso rispetto a prima, piuttosto che restare con le mani in mano.
In terzo luogo, Obama, non essendo vincolato dal alcun tipo di limite nel rapporto deficit-Pil, (come invece sono i Paesi dell’Ue con il famoso tetto del 3 percento), ha operato una politica di spesa pubblica più che allegra, portando il suddetto rapporto addirittura al 12 percento; oggi però deficit e Pil sono legati da una proporzione del solo 2,5 percento. Com’è possibile? Semplicemente, avendo la possibilità di spendere senza alcun tipo di vincolo, il Governo americano ha creato opportunità, strutture, benefici, cosa che sul medio-lungo periodo ha avuto effetti più che positivi sulla vita dei cittadini e ha inoltre ridimensionato da sé il rapporto deficit-Pil, riportandolo a parametri di assoluta salute. Un dato di fatto che dovrebbe far attentamente riflettere le istituzioni europee.
Infine, la politica monetaria: la Federal Reserve ha creato liquidità comprando bond statali, a tassi d’interesse prossimi allo zero, fino a 4.500 miliardi di dollari, facendo in modo che questo credito a buon mercato arrivasse all’economia reale, famiglie e imprese, invece di essere sequestrato dalle banche; ha svalutato il dollaro a oltranza, finché ce n’era bisogno, favorendo l’export come non mai. Oggi, grazie ad un’economia reale particolarmente solida, il dollaro è tornato ad essere una moneta straordinariamente forte, surclassando l’euro e favorendo così le importazioni in terra americana. E, udite udite, non è assolutamente finita qui: secondo gli analisti, il 2015 non solo confermerà, ma addirittura migliorerà questi numeri.