Come i Pinguini di Madagascar ci insegnano l’arte del team building
Capita, a volte, di guardare indietro verso problemi ormai risolti e lasciarsi andare a una risata liberatoria, pensando al futuro di nuovo uniti. Meno frequentemente, invece, capita di sorridere mentre si affrontano delle avversità, ma con un po’ d’imbarazzo, perché sotto stress o impreparati a fronteggiare determinate difficoltà. Un modo per riuscire a mantenere il sorriso e, contemporaneamente, anche i nervi saldi, è il lavoro di squadra. Affrontare le situazioni, quindi, attraverso un percorso di cosiddetto “team building”, tema oggi molto sentito nelle realtà aziendali.
Cos’è il team building. In italiano, approssimativamente, potremmo parafrasare l’espressione con “costruzione del gruppo”. Si riferisce principalmente alla gestione delle risorse umane e costituisce (come spiega Wikipedia) un’insieme di attività formative, variamente definite come team game, team experience e team wellbeing (ludiche, esperienziali o di benessere), il cui scopo è la formazione di un gruppo di persone. Questa pratica formativa/psicologica, inizialmente usata negli Stati Uniti nelle scuole dell’infanzia per far comprendere ai più piccoli l’importanza della socializzazione, da qualche anno è stata “impiantata” negli ambiti aziendali con lo scopo di migliorare le performance dei lavoratori. Ragionare in termini di squadra e non più in termini di singoli, infatti, favorirebbe il raggiungimento degli obiettivi aziendali, allentando la pressione e lo stress sul dipendente e favorendo la creazione di contesti lavorativi piacevoli. L’espressione team building è quindi usata oggi, su scala internazionale, per indicare quelle metodologie nate e sviluppate per lavorare sui gruppi e in particolare su team di lavoro.
I Pinguini in cattedra. La materia in questione viene spesso trattata dall’Olimpo del Management e affrontata nei complessi programmi di studio degli oramai celebri MBA (Master in Business Administration), contornati da un’aura elitaria e di impossibile comprensione. A venire incontro a noi, che non ci raccapezziamo un granché con questi termini, invece dei docenti in cattedra ci sono però 4 pinguini del grande schermo, che oltre a divertire hanno anche parecchio da insegnarci. Già, perché Skipper, Kowalsky, Soldato e Rico, i quattro protagonisti del film uscito nelle sale prima di Natale (I Pinguini di Madagascar) e resi famosi grazie alla trilogia cartoon di successo Madagascar, targata DreamWorks Animation, rappresentano un perfetto esempio di “squadra di lavoro”. Il film ci offre la possibilità di capire e analizzare, con il sorriso, i 6 punti che abitualmente codificano il processo di team building, ragionando sui meccanismi che un gruppo (la famiglia, l'azienda, la squadra di calcio) dovrebbe seguire.
1. Obiettivo: chiarezza e condivisione sono ciò che caratterizza questo fattore e rappresenta il risultato del gruppo che lavora. Significa che il gruppo deve aver bene chiaro in mente lo scopo per cui si lavora insieme e deve valutare con serietà le proposte di tutti i membri del team, da quelle del leader a quelle del singolo meno influente. È proprio ciò che fanno i 4 pinguini nostri amici, che per ogni piano (dal più impossibile al più semplice) organizzano riunioni di gruppo e un confronto atto alla creazione di un piano d’azione.
2. Metodo: il funzionamento che regola il lavoro e influirà sul risultato che il gruppo raggiungerà. Scegliere insieme come raggiungere l’obiettivo è importante tanto quanto l’obiettivo stesso. Per questo Skipper e compagnia, nel film, seguono sempre lo stesso metodo per prendere una decisione: è il modo di scegliere e lavorare che loro hanno scelto e che, fino al momento del film, ha sempre offerto loro i migliori risultati.
3. Ruolo: insieme dei comportamenti che ci si aspetta da chi occupa una posizione riconosciuta all'interno del gruppo, ma caratterizzata da flessibilità. In sostanza, anche se siamo un gruppo, ci deve sempre essere una chiara scala gerarchica. Ascoltare tutti, valutare, proporre, ma alla fine, a decidere, deve essere sempre il leader, il capo. Proprio come fa Skipper, il capo dei pinguini, che grazie al suo carisma è sempre riconosciuto come il boss del team.
4. Comunicazione: rappresenta uno degli elementi fondamentali nel gruppo, essendovi all'interno un processo interattivo, informativo e trasformativo, cioè di dialogo e contatto tra le parti. Seppur Rico non parli e Soldato sia spesso ritenuto ingenuo, i 4 pinguini comunicano continuamente tra loro. Da cosa mangiare per cena a come entrare a Fort Knox, ogni decisione viene presa attraverso uno scambio di opinioni e una fase comunicativa.
5. Clima: è l'insieme dei valori, opinioni, sentimenti, comportamenti prodotti dai membri del gruppo. Devono creare l'atmosfera che viene influenzata anche dalla cultura che si sviluppa contemporaneamente nel gruppo stesso. In parole povere: fare in modo che si lavori con il sorriso e in un clima sereno, privo di tensioni. Qui molto merito va all’abilità del leader, in grado di dare a tutti i componenti del team i meriti che gli spettano, proprio come spesso fa Skipper con i suoi tre amici.
6. Sviluppo: è il fine verso cui il gruppo tende. Viene inteso come sviluppo sia di crescita personale, che sul piano dell'attività di gruppo. Ed è proprio ciò che si mostra nel film: attraverso il lavoro di squadra, il confronto, la comunicazione tra i 4 pinguini, alla fine del film c’è un miglioramento personale di ognuno di loro, che equivale anche ad un miglioramento dei risultati del gruppo. Naturalmente dirvi di più vorrebbe dire raccontarvi il finale del film, pertanto evitiamo.
Imparare sorridendo. Come visto, quindi, I Pinguini di Madagascar riassume in sé il succo di interi tomi di economia e arriva a disegnare un perfetto processo di team building lungo l’evolversi della propria trama. Persino la figura classica del leader viene messa in dubbio, smontando gli antichi dogmi che volevano il capo come un soggetto severo e inflessibile, aperto al comando ma chiuso al confronto. E ciò che viene abilmente evidenziato dai produttori, è la strategia di “problem solving” adottata per arrivare al lieto fine: il passo indietro del capo Skipper, conscio dei suoi errori, la valorizzazione anche dell’elemento più screditato del gruppo e il consolidamento dei suoi membri in funzione di un comune obiettivo. Ecco quando si dice che è più facile imparare dal mondo dei bambini che da quello degli adulti…