È il primo caso in Italia

Pater incertus, mater anche

Pater incertus, mater anche
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Nei primissimi anni 80 - l’album uscì poi nel 1983 - il settimanale francese Nouvel Observateur ospitò per più numeri una striscia della disegnatrice francese Claire Bretécher dal titolo “Le destin de Monique”. Roland Barthes, uno dei punti di riferimento della Francia di quegli anni, l’aveva definita nel 1976 «il miglior sociologo dell’anno». Ripubblicato a colori col titolo di “Une saga génétique” raccontava la storia tremenda e complicatissima di una attrice prossima ai quaranta che si scopre incinta proprio quando riesce finalmente ad ottenere un ruolo importante. Decide allora di affidare il portato del suo seno a Candida, l’analfabeta colf portoghese, innescando così una girandola di situazioni che finiscono malissimo, nel laboratorio di uno pseudoscienziato operante in maniera illegale in una cantina.

La Brétecher è di una ferocia impareggiabile nel tratteggiare sia i personaggi sia la situazione nel suo complesso, al punto che siamo stati tentati di parafrasare Barthes nominandola motu proprio anche «la miglior profeta del 2015» quando abbiamo appreso che il sindaco di Torino, Piero Fassino, trascriverà nei registri dell’Anagrafe «il certificato di nascita del bambino concepito a Barcellona da due donne tramite fecondazione assistita».

Il comune ha così deciso di dar corso alla sentenza della Corte d’Appello che, alla vigilia di Natale, aveva dato ragione alle due donne ribaltando il verdetto del Tribunale. La decisione della Corte sarebbe maturata negli ultimi due giorni e ad essa non sarebbe estranea la volontà del sindaco che, rientrato in città da Roma non ha voluto commentarlo. Dovrà farlo, tuttavia in Consiglio comunale, perché le richieste di chiarimenti sono subito piovute fitte e non prive accenti critici.

Prima di tutte, comprensibilmente, si è fatta sentire la voce dell’arcivescovo Cesare Nosiglia: «È vero - ha sostenuto il presule - che l’interesse primario da tutelare è quello del minore, ma l’espansione senza fine di certi diritti soggettivi porta a situazioni di grande confusione (giuridica e non solo), con il rischio che a pagarne le conseguenze siano prima di tutto proprio quei minori che si intende tutelare. Trascrizioni o no, di mamma ce n’è una sola».

O anche due, o magari nessuna, obietterebbero le organizzazioni omosessuali dell’uno e dell’altro sesso. Il caso in oggetto presenta però una configurazione nuova, perché il bambino non è stato adottato, ma ha subito il percorso prefigurato dalla Brétecher, salvo il fatto che nella finzione l’attrice era stata messa incinta dal suo agente, e non mediante fecondazione assistita. «Questo bambino ha diritto di avere riconosciute le due figure genitoriali di riferimento, in questo caso due madri, che lo tutelino e abbiano nei suoi confronti gli stessi diritti e gli stessi doveri di qualsiasi altro genitore» ha detto l’assessore all’Integrazione Ilda Curti, che giorni dopo avrebbe aggiunto: «E l’unica tutela possibile, attualmente, è rispettare la decisione dei giudici»

Evidentemente col termine “tutela” si intende la tutela giuridica, che collochi la posizione del bambino in un quadro di riferimenti che ne consenta l’identificazione legale, così che possa beneficiare di una tessera sanitaria, trovare il suo nome nello stato di famiglia, richiedere la carta d’identità e il passaporto e così via.

In genere, tuttavia, l’espressione “tutelare un bambino” ha un significato un po’ più ampio, che comporta, ad esempio, il dovere di non metterne a rischio lo sviluppo mentale e psichico col fatto stesso di inserirlo in un contesto familiare di per sé socialmente destabilizzante. Il modello familiare a due mamme diventerà forse maggioritario tra qualche anno, ma al momento presenta tutti i rischi connessi con le iniziative pionieristiche. Per condurre in porto le quali ci vuole ben altro che una sentenza di tribunale o una prassi anagrafica.

L’opzione, ventilata nei giorni precedenti, di registrare il bambino (che ha ora tre anni), indicando solo il nome della donna spagnola che l’ha partorito e non quello dell’italiana che ha donato gli ovuli è stata per il momento abbandonata, in attesa delle decisioni del ministero dell’Interno che - se ritenesse di agire in coerenza con le recenti cancellazioni “prefettizie” - dovrebbe annullare la decisione del Comune togliendo così valore ad una sentenza della magistratura.

Mettere un bambino al centro di un conflitto tra poteri con l’idea di tutelarlo giuridicamente non contribuirà certamente alla sua serenità. E probabilmente non lo aiuterà a raggiungere un equilibrio nemmeno il fatto che le due donne si siano nel frattempo separate - anzi: hanno ufficialmente divorziato -, notizia che - fra l’altro - compare raramente nei resoconti della situazione.

Ovviamente ne hanno tutto il diritto. Forse, però, anche il piccolo avrebbe il diritto di non dover chiarire più volte a se stesso e agli altri, nel corso degli anni, in che mondo sia capitato. Non basterà nemmeno spiegargli come nascono le farfalle per consentirgli di prendere atto del funzionamento di certi apparati giuridici.

Per fortuna il diritto non svolge una funzione necessariamente decisiva nell’ambito della formazione di una personalità. Abbiamo tutti conosciuto grandi uomini e grandi donne che hanno attraversato infanzie e giovinezze ben più disastrate di questa. È che già ci metteva in un certo imbarazzo la direttiva europea che inseriva la denominazione di genitore A e genitore B per evitare ogni riferimento al sesso del padre e della madre. Adesso che si torna alla dizione Mamma A e Mamma B cosa possiamo pensare se non che, fortunatamente, siamo già cresciuti abbastanza - e abbiamo avuto nel frattempo figli, e nipoti - per lasciare che della cosa si occupi chi ha tutto il diritto, per carità!, di complicarsi la vita.

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