Ma davvero l'Europa sta diventando antisemita?

Ma davvero l’Europa sta diventando anti-semita? La domanda sorge dopo gli attacchi della scorsa settimana a Parigi, che hanno preso di mira anche un minimarket kosher, e ancor di più dopo alcune tendenze che tali attentati hanno portato alla luce: sono più di 5mila gli ebrei che hanno lasciato la Francia nel 2014 per andare verso Israele, numeri in crescita rispetto ai 3100 del 2013 e ai 1916 del 2012. Fa impressione leggere i dati dell’Agenzia ebraica di Parigi, che organizza corsi per chi vuole tornare a Gerusalemme: dal 2013 al 2014 questi seminari sono passati da essere uno al mese a due alla settimana, a fronte delle tantissime richieste.
«Qui è una guerra», dice al New York Times Jaqueline Cohen, proprietaria di un negozio nel quartiere ebraico della capitale francese. «Dopo quanto successo ci sentiamo più sicuri nel centro di Tel Aviv che qui nel cuore di Parigi. In Israele c’è la Iron Dome (“cupola di ferro”, sistema di copertura antimissilistica del territorio adottato dal governo di Tel Aviv, ndr) che ci protegge. Qui invece ci sentiamo vulnerabili ed esposti. Abbiamo paura a mandare i nostri figli a scuola». Il pensiero chiaramente va alle 700 scuole ebraiche sparse sul territorio francese: a poco servono le rassicurazioni che il governo di Hollande ha offerto circa la protezione che verrà offerta con 5mila agenti e militari. Tutti hanno in mente l’azione di Coulibaly, che ha fatto seguito all’assalto della scuola ebraica di Tolosa, nel marzo 2012, da parte di un franco-algerino 23enne: anche lì morirono 4 persone, tra cui 3 bambini. Serge Cwajgenbaum, segretario generale dell’European Jewish Congress, ha spinto affinché i clienti del minimarket uccisi venerdì scorso fossero seppelliti a Gerusalemme, per paura che le loro tombe potessero essere dissacrate.
«Israele è la vostra casa», è stato il messaggio lanciato dal primo ministro Benjamin Netanyahu dopo gli attentati. Le previsioni della Jewish Agency for Israel stimano che, nel 2015, partiranno 15mila ebrei francesi, che diventeranno 50mila nel giro di pochi anni, andando a decimare una comunità ebraica tra le più grosse al mondo, che conta 500mila fedeli. «C’è grande ansia, molta rabbia e amarezza, e il sentimento di essere sotto attacco», spiega al NYT Cwajgenbaum. «È diventato evidente che c’è una guerra interna contro gli ebrei sostenuta dai musulmani radicali in questo Paese, e la gente è molto contrariata poiché il sistema giuridico e l’apparato di sicurezza non sono in grado di sventare questi attacchi». Al giornale americano parla anche Myriam Hattab, cugina di Yoav Hattab, una delle vittime dell’attacco al market kosher: «Ho sempre amato la Francia, ma quando ho visto che ci sono terroristi che possono fare azioni come quella nel cuore della capitale ora ho paura». E aggiunge: «Mi sento disprezzata. Ma non voglio andarmene: partire vuol dire cedere al terrorismo. Se ce ne andiamo, loro vincono».
Superata la Manica, gli umori non sono diversi. Vi dà voce l’Independent, che parla di un sondaggio sul futuro degli ebrei in Gran Bretagna: per più del 50% degli intervistati si fa sempre più prossimo il giorno in cui non vi saranno più “Jews” sul suolo inglese. Un’altra inchiesta condotta da YouGov ha messo in luce che almeno il 45% di chi è stato interpellato è d’accordo con alcune massime considerate “antisemite”: il 25% pensa che «gli ebrei inseguano i soldi più degli inglesi», mentre un intervistato su 5 crede che «la fedeltà degli ebrei allo Stato di Israele li rende meno fedeli alla Gran Bretagna». C’è poi un abbondante 13% che è convinto che «gli ebrei parlino dell’olocausto con frequenza per ricevere più compassione». Frasi che riportano con forza ai primi Novecento, ma che, purtroppo, non passano mai di moda.