Primo uomo nello spazio

L'astronauta con le radici: l'omaggio (eco-sostenibile) dell'artista Parolini a Jurji Gagarin

Una sorprendente installazione. Lo scafandro spaziale realizzato con oggetti comuni riutilizzati, dai tubi della doccia a un vecchio zaino

L'astronauta con le radici: l'omaggio (eco-sostenibile) dell'artista Parolini a Jurji Gagarin
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di Luigi de Martino (foto di Marco Presti)

«Girando attorno alla Terra, nella navicella ho visto quanto è bello il nostro pianeta. Il mondo dovrebbe permetterci di preservare ed aumentare questa bellezza, non di distruggerla!». Le parole di Jurij Alekseevič Gagarin segnalano un auspicio che finisce per essere, purtroppo, di stretta attualità. Quelle parole pronunciate all’indomani della missione del 12 aprile 1961 a bordo della Vostok 1, progettata da Sergej Pavlovich Korolev, che fece del cosmonauta russo il primo uomo a volare nello spazio. Dal 2011 le Nazioni Unite hanno scelto l’anniversario di quel volo come Giornata Internazionale dei Viaggi dell'Uomo nello Spazio (International Day of Human Space Flight). Secondo l’Onu l’avvio dell’era spaziale «rappresenta il simbolo umano della capacità di superare i propri limiti e può essere d’ispirazione anche per migliorare la comprensione, e il rispetto, del proprio pianeta d’origine».

Un inno di sostenibilità e pace che l’artista Ivano Parolini, 45 anni di Gandino, riassume in un nuovo progetto denominato “L’Astronauta” e presentato in anteprima in questi giorni.

«L’idea - spiega Parolini - è mettere al centro l’eco-sostenibilità attraverso un approccio innovativo. Siamo portati a credere che l’esplorazione dello spazio punti unicamente a visitare pianeti, stelle e galassie, ma non dobbiamo mai dimenticare come l’essere umano (simbolo per eccellenza di ricerca, innovazione, futuro) debba confrontarsi con gli elementi (terra, acqua, aria fuoco) che sono alla base della sua stessa esistenza. In quest’opera, definita nel genere “Site-specific”, pongo l’attenzione sulla visionaria identità del cosmonauta, che per vivere trae energia dall'aria, attraverso condotti che dal corpo si proiettano verso l’esterno, per assorbire energia nuova e “riciclarla”. A legarlo alla Terra ci sono trampoli di scena, ma soprattutto le radici: ecco un legame ancora più prezioso e diretto fra Terra e Universo».

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In rilievo anche le scelte mai scontate di Ivano Parolini: quella per esempio di calarsi personalmente nella tuta, “galleggiando” nell’etere a quasi cinque metri da terra oppure quella di aver scelto per l’allestimento (a prima vista iper tecnologico) solo materiale di recupero. I condotti altro non sono che tubi snodabili della doccia di casa, gli altri accessori sono manopole d’armadio, un vecchio zaino scolastico, una valigetta recuperata in soffitta, addirittura un appendicravatte. Tutto dipinto, adattato e contestualizzato, così come le radici, scelte con cura maniacale nei boschi della Val Gandino. «L’Astronauta - aggiunge Parolini -  compie una vera propria performance: va alla ricerca di sfere luminose, metafora di sogni, ideali, obiettivi da raggiungere per diventare persone migliori; per evolversi in qualcosa di nuovo».

In definitiva l’installazione (che nei prossimi mesi sarà allestita al vero e visitabile in un luogo ancora da svelare) è l’appello di un’artista affinché scienza e tecnologia mettano al centro sempre e solo l’uomo e la natura. Temi non nuovi nell'infinita ricerca di Parolini, già ripresi in altre recenti installazioni, come “Il Vitruviano” (a raccontare un mondo ingabbiato dalla plastica), Flowers (legato ai temi ambientali del Sinodo dell’Amazzonia voluto da Papa Francesco) e “Oltre”, con migliaia di bottiglie dipinte collocate nel 2021 sotto le volte di Porta S. Alessandro a Bergamo per richiamare l’attenzione sulle dipendenze tecnologiche. E proprio mentre stava lavorando sul ponteggio e si trovava solo sotto la porta antica della città, a Parolini è venuta l’idea. «Mi sono trovato solo, lassù, sotto il soffitto a volta, nella solitudine di quelle pietre, e mi è venuto in mente un astronauta, e il cosmo infinito, e la solitudine profonda, ma anche di rara bellezza. Ho cominciato a pensare a tante cose e poi sono sceso dal ponteggio e sapevo che avrei dovuto preparare un’installazione con protagonista un astronauta, lo spazio, l’andare oltre».

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