Non solo medici, mancano pure gli infermieri: in Bergamasca ne servirebbero mille
Nelle nuove Case e negli Ospedali di Comunità dovrebbero lavorare circa trecento professionisti, ma la carenza c'è già oggi
di Andrea Rossetti
Se i medici di famiglia sono pochi, certo la Bergamasca non pullula di infermieri. E la situazione, con l’entrata in funzione di Case e Ospedali di Comunità e delle Centrali operative territoriali, peggiorerà solamente. I numeri sono chiari: nella nostra provincia, stando alla riforma sanitaria regionale varata alla fine del 2021, apriranno ben 38 nuove strutture (tre Case di Comunità sono già state inaugurate: quella in Borgo Palazzo e quelle di Gazzaniga e Calcinate), nelle quali dovrebbero lavorare tra i 218 e i 334 infermieri. Non pochi, soprattutto se si valuta che già oggi viviamo un problema di carenza importante.
Manca il personale
«La coperta è corta e rischia di diventare cortissima», commenta in modo chiaro Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Bergamo. Le sue posizioni non sono poi così diverse da quelle che da tempo stanno portando avanti i medici di medicina generale: inutile progettare grandi rivoluzioni se poi non si investe sul capitale umano. «Il concetto alla base della creazione delle Case e degli Ospedali di Comunità è condivisibile - continua Solitro -: uscire da una visione ospedalocentrica e riportare la sanità sul territorio. Questi contenitori, però, vanno poi riempiti».
Attualmente, in provincia di Bergamo operano circa settemila infermieri. Ma, soprattutto dopo lo scoppio della pandemia, la situazione è andata peggiorando: le strutture pubbliche, infatti, hanno aperto numerose posizioni e diversi professionisti sono passati dal settore privato alle Asst, dove le condizioni di lavoro - soprattutto economiche - sono tendenzialmente migliori. In altre parole, il problema si è solo spostato.
Mancano mille infermieri
«Da un anno a questa parte il problema si è fatto sempre più pressante. Le Rsa faticano a trovare personale specializzato, così come altre strutture private. Con questa riforma, le Asst necessiteranno di ulteriori infermieri e apriranno nuovi bandi. E siccome i giovani professionisti, numericamente, quelli sono, ci sarà un ulteriore travaso che acuirà la carenza. Se dovessi fare una stima, direi che con la nuova organizzazione, affinché tutto funzioni al meglio, servirebbero almeno mille nuovi professionisti solo in Bergamasca».
La domanda è: dove trovarli? «Eh, non è semplice - continua Solitro -. A livello nazionale si stima che ci sia un’esigenza di circa centomila infermieri in più, ma ogni anno dalle università ne escono solamente 29 mila. È evidente la sproporzione. Negli ultimi anni si è provato a pescare dall’estero, ma c’è un problema: la lingua. In alcuni casi arrivano professionisti che faticano con l’italiano. Ed è inaccettabile. Noi siamo al servizio dei cittadini, la conoscenza dell’italiano è un requisito minimo e su cui non possiamo transigere. Aumentare i posti nei corsi universitari è sicuramente un primo passo, ma bisogna poi riempirli questi posti. La verità è che la nostra è una professione poco attrattiva, in primis dal punto di vista economico: a malapena si raggiungono i 1.600 euro al mese».