Stipendi, fairplay, gioco, quello che Berlusconi può imparare dalla Dea

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L'ira funesta di Silvio Berlusconi si è abbattuta sul Milan. Come un marziano casualmente capitato a San Siro, dove l'Atalanta ha inflitto ai rossoneri una severa lezione di calcio e di stile, l'ex premier ha affidato all'Ansa tutta la sua rabbia:«Sono più sconfortato che arrabbiato. Capisco che non siano più i tempi in cui si vinceva a Barcellona, ma è inaccettabile perdere contro squadre con calciatori che guadagnano cinque volte meno dei nostri». En passant, Berlusconi è lo stesso che il 9 dicembre scorso ha dichiarato: «Noi siamo più forti della Roma». E il 3 gennaio scorso ha soggiunto: «Nel 2015 abbiamo tutto per imporci come la migliore squadra italiana. I nostri obiettivi sono  il terzo posto, tornare in Champions League e vincere la Coppa Italia».  Per il momento ha sbagliato strada.

E, anziché riconoscere gli errori che da quando il Milan, tre anni fa ha scaricato Pirlo, sono diventati la palla di neve trasformatasi in valanga, Berlusconi  se la prende con i suoi giocatori e altezzosamente ricorda loro quanto li paghi.

Il problema non sono gli atalantini che prendono cinque volte meno dei milanisti e per un'impresa come quella firmata il 18 gennaio 2015 meriterebbero il quintuplo.

Il problema sono i milanisti che prendono cinque volte più degli atalantini, ma, soprattutto, la società Milan che questi stipendi ha liberamente accordato ai suoi tesserati.

Il problema è che Berlusconi, quando ha un attimo di tempo, dovrebbe imparare dall'Atalanta non soltanto come si gestisca il monte ingaggi, magari evitando di raggiungere il picco toccato nel 2012, quando  un monte annuo lordo di 180 milioni di euro, costrinse il club a radere al suolo l'organico, cominciando da Ibrahimovic e Thiago Silva.

Il problema è che Berlusconi dovrebbe imparare anche il fair play, entità evidentemente poco conosciuta: nel '90, in Coppa Italia, fu alla base della mancata restituzione del pallone calciato fuori da Stromberg durante la partita di Coppa Italia e ci volle la sportività del solo, indimenticabile Borgonovo, per chiedere scusa, vent'anni dopo; l'altro ieri a San Siro, Abate ha concesso il bis.

Il problema è che, purtroppo per Berlusconi, c'è un giocatore non in vendita sul mercato. Si chiama Umiltà. È così forte che, se ce l'hai, puoi anche battere il Milan a San Siro.

 

 

 

 

 

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