La furia devastatrice

Sulle sponde del lago Chad Il video di chi fugge dai Boko Haram

Sulle sponde del lago Chad Il video di chi fugge dai Boko Haram
Pubblicato:

Per capire la furia devastatrice di Boko Haram occorre venire qui, sulle sponde del lago Chad, tra chi è riuscito a scappare agli uomini di Abubakar Shekau e cerca di fuggire più lontano possibile da una regione diventata invivibile e dai ricordi di rapimenti e stragi vissuti in prima persona. Quello specchio d’acqua è zona di transito verso altre nazioni, e migliaia di nigeriani (20mila, secondo le stime dell’Onu) sono passati da qui nelle ultime settimane. Un video di Reuters mostra la fuga di questi disperati: imbarcazioni leggere a remi trasportano famiglie cariche di borse e scatoloni, file di disperati attendono di andarsene in cerca di un futuro migliore verso terre che, tra siccità e carenze, potranno offrire ben poco. Le autorità del Ciad hanno chiesto aiuti internazionali per far fronte a questa emergenza, cresciuta a dismisura dopo l’attacco di alcuni giorni fa al villaggio di Baga, quartier generale della task force internazionale che combatteva proprio Boko Haram.
Con la conquista strategica di questa terra (in cui si dice abbiano perso la vita fino a 2mila persone) ora Boko Haram è arrivata a tenere sotto il suo controllo il 70% del territorio dello Stato del Borno. Per questo la gente scappa: più il tempo passa e più il califfato nigeriano auto-proclamato da Shekau cresce di dimensioni e forza, tra la totale incapacità dell’esercito nigeriano a farvi fronte. Baga secondo alcuni è stato il massacro più cruento della storia di Boko Haram: se ce n’era bisogno, martedì 20 gennaio è arrivata la rivendicazione di Shekau, attraverso un video. «È avvenuto come il nostro Signore ci ha istruito di fare», spiega il leader dell’armata terroristica: la clip non è stata verificata, ma propone Shekau secondo canovacci già visti, attorniato da uomini armati a volto coperto. Nel video c’è anche una provocazione ai leader delle nazioni limitrofe alla Nigeria: Shekau li deride, sfidandoli a combattere contro di loro.

 

[Il video della Reuters]

 

Intanto, arrivano anche le testimonianze di chi, per alcune settimane, ha dovuto vivere sotto il califfato di Boko Haram. Reuters è stato nella città di Mubi, nello stato di Adamawa: lo scorso novembre è stata liberata dall’esercito nigeriano, che è entrato e ha cacciato gli jihadisti. «Era una città fantasma, quasi ogni negozio era stato derubato. Ci sono volute ore per trovare una bottiglietta d’acqua», è il racconto di un portavoce del governo. Più dolorosi sono i ricordi di chi ha trascorso quei giorni in città: ogni giorno venivano interrogati, c’erano controlli frequenti affinché nessuno scappasse. A tutte le donne era stato dato un velo per coprirsi: «Davano riso da mangiare, lo stesso riso che però avevano rubato dai negozi. Fornivano a tutte le donne un bollitore per cucinare», è il racconto di una donna. «La gente però era affamata, perché mangiava quasi solo mais e zucca. La carne non c’era perché i ribelli non la distribuivano».

Ancor più crude, invece, sono le immagini offerte dalla Croce Rossa internazionale, entrata a Mubi subito dopo la riconquista nigeriana. Si parla di cadaveri non sepolti, abbandonati per le strade senza che nessuno potesse seppellirli, pozzi d’acqua inutilizzabili perché pieni di corpi in putrefazione. Gli abitanti della città «stavano per morire di fame e di sete. Mancava anche l’acqua potabile, perché quasi ogni pozzo era pieno di cadaveri», è il racconto della Croce Rossa. «Loro si scrivono sui pantaloni o sul retro delle magliette il nome originale di Boko Haram, Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’Awati Wal-Jihad», racconta ancora un sopravvissuto: «Quando li incontri devi farglielo vedere per mostrare che sei uno di loro».

Seguici sui nostri canali