Posizioni inconciliabili

I mondi separati di Isis e al Qaeda

I mondi separati di Isis e al Qaeda
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Da un punto di vista della rivendicazione e dell’appartenenza, i fatti accaduti a Parigi le scorse settimane hanno evidenziato un aspetto particolare: Amedy Coulibaly, l’uomo della strage dell’Hypercacher, si è dichiarato fedele sostenitore dello Stato islamico, e di conseguenza ispirato a quel folle gesto proprio dalla sequela nei confronti del Califfo, mentre invece i fratelli Kouachi, coloro che hanno fatto irruzione nella redazione del giornale Charlie Hebdo effettuando la tristemente famosa carneficina, sono considerabili, per loro stessa confessione, parte del ramo yemenita di al-Qaeda. Un accostamento che, di primo acchito, è terrificante: la nuova minaccia mondiale jihadista unita al grande nemico dell’Occidente degli ultimi quindici anni. Se così fosse, il problema sarebbe ben più grande di quanto già non lo sia; ma un interessantissimo articolo apparso sul numero di fine novembre del settimanale Pagina99, già allora spiegava come, al contrario di quanto si possa credere, Isis e al-Qaeda siano due realtà sì entrambe jihadiste, ma comunque pressoché inconciliabili, come l’utilizzo dei media da parte dei due gruppi terroristici può far intuire.

L’organizzazione mediatica dei talebani. Occorre innanzitutto sottolineare come, per quanto riguarda i talebani di al-Qaeda, un utilizzo dei media capillare e organizzato sia una novità solo degli ultimi anni: all’inizio degli anni Duemila, infatti, con l’esplosione del fenomeno del terrorismo internazionale, al-Qaeda vietava l’utilizzo di strumenti di comunicazione di massa occidentali, ritenuti impuri e portatori di menzogne. Così, l’unico modo con cui gli alti gradi della jihad afghana comunicavano e facevano propaganda con i propri adepti era rappresentato da una semplice stazione radio, La voce della Sharia, e nulla più. Con il passare del tempo, i talebani hanno capito come i media possano rivelarsi un’arma molto importante, soprattutto per quanto riguarda il proselitismo: dagli strumenti più tradizionali, come le canzoni jihadiste passate in radio, fino ai più moderni, come Twitter, Facebook e Youtube, l’utilizzo del mondo mediatico da parte di al-Qaeda è oggi organizzato e disinvolto, il tutto sotto la supervisione della “Shura di Quetta”, una delle tre cupole dell’organizzazione talebana, quella che detta la linea politica.

 

isis

 

Stato islamico e media. Al contrario di al-Qaeda, l’Isis ha fin da subito colto l’importanza di un utilizzo sapiente (si fa per dire) dei mass media: essendo il reclutamento da tutto il mondo uno dei capisaldi della jihad del Califfo, quale strumento migliore di una pagina Facebook, un account Twitter o dei video su Youtube per raggiungere tutti i fondamentalisti del pianeta? Inoltre, al contrario di al-Qaeda, lo Stato islamico non mira alla sola propaganda, utilizzando i mezzi di comunicazione di massa, ma anche a insinuare la paura nel mondo occidentale, il timore che in ogni momento e luogo possa accadere qualcosa di terribile.

Due obiettivi differenti. Da un punto di vista della risonanza, al momento non c’è paragone fra Isis e al-Qaeda, con il primo che raccoglie decisamente più attenzioni, mediaticamente parlando, rispetto ai talebani afghani, e questo per diversi ordini di ragioni: in primo luogo, senza dubbio, c’è l’aspetto della novità che lo Stato islamico rappresenta rispetto ad al-Qaeda, della quale, tristemente, siamo ormai abituati a sentir parlare; ma vi è anche un’altra grande differenza, da un punto di vista degli obiettivi politici: se lo Stato islamico punta alla costruzione di un Califfato che includa, rendendoli irrilevanti, gli attuali confini dei Paesi dell’area mediorientale, i talebani afghani hanno invece un’agenda tutta domestica, si occupano principalmente di ciò che accade all’interno dello Stato afghano; quella dei talebani, nonostante talvolta si verifichino atti di terrorismo ricollegabili ad al-Qaeda, si presenta fondamentalmente come una resistenza nazionale all’occupazione, mentre quella dello Stato islamico è un’ambiziosa strategia transnazionale di riconfigurazione degli assetti politici e sociali del Medio Oriente e non solo. E l’utilizzo dei media da parte dei due gruppi certifica questa basilare differenza di prospettiva: i talebani sono alla ricerca del consenso locale, vogliono ottenere il potere in Afghanistan, ed utilizzano quindi una campagna di propaganda mediatica che li mostri a coloro che vivono nelle loro zone come la risposta positiva ai disordini politici causati dalle ingerenza americane, e occidentali in generale; l’Isis si rivolge a tutto il mondo, vuole terrorizzare più che affascinare, nonché convincere il mondo islamico che la nuova (e corretta) corrente da seguire è quella di al-Baghdadi, anche a costo di creare una scissione all’interno del mondo dell’Islam fondamentalista.

Un punto di divisione insuperabile. Quest’ultimo aspetto delle possibili divisioni all’interno dello stesso mondo islamico è fondamentale: i media servono anche per confermare o negare nuove alleanze, all’interno dell’ampia e differenziata galassia jihadista. Il 10 novembre scorso alcuni gruppi jihadisti di cinque diversi Paesi (Algeria, Egitto, Libia, Arabia Saudita, Yemen) hanno tributato fedeltà ad al-Baghdadi; pochi giorno dopo, il 13 novembre, con un messaggio audio, il Califfo ha risposto loro, enfatizzando “l’espansione dello Stato islamico su nuove terre” e annunciando la creazione di cinque “nuove wilayah (province)”. Ha poi fatto un passo ulteriore, dichiarando nulli e illegittimi i gruppi jihadisti che operano in quei Paesi ma non riconoscono la sua autorità, come, ad esempio, tanti gruppi di al-Qaeda. Quest’ultima ha prontamente risposto, attraverso i propri canali media, come Nawa-e-Afghan Jihad (La voce del jihadista afghano, uno dei magazine più importanti del mondo talebano), ponendo la questione su un piano strettamente religioso: l’annuncio del Califfo, infatti, non soddisfa le condizione previste, poiché non è passato per la consultazione dei leader più influenti della Umma islamica, come invece avvenuto per il mullah Omar, il totem spirituale di al-Qaeda nonché ideologo della resistenza terroristica afghana; non solo, al-Baghdadi viene inoltre accusato, con queste sue dichiarazioni, di portare il mondo islamico alla divisione e frattura, cosa assolutamente proibita nella religione di Allah.

Ecco dunque che un’attenta analisi degli strumenti media dei grandi spauracchi del mondo moderno ci fa capire come queste due terribili calamità difficilmente procederanno mai a braccetto; non sarà tanto, ma almeno è un inizio.

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