Il report

Il lavoro dipendente a Bergamo cresce, ma con contratti temporanei e tecnici introvabili

I livelli di retribuzione non sono tornati a quelli prima del 2020, aumenta il fenomeno delle uscite volontarie

Il lavoro dipendente a Bergamo cresce, ma con contratti temporanei e tecnici introvabili
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Il mondo del lavoro dipendente nella nostra provincia registra valori importanti per quanto riguarda sia le assunzioni (135.670) che le cessazioni (128.353), con un saldo positivo che registra + 7.317 firme di contratti e dettato in larga parte dalla ripresa post-Covid e dallo sblocco del mercato del lavoro. Il bilancio è però in larga parte attribuibile a rapporti temporanei, gravato dalle incognite dello scenario internazionale e dal rincaro dei costi energetici e dei materiali. Questo è quello che emerge dal report 2021 dell’Osservatorio del mercato del lavoro, illustrato al Palazzo della Provincia dal gruppo tecnico nel pomeriggio di ieri, mercoledì 25 maggio.

La crisi da Covid non ha determinato una caduta abnorme di occupazione dipendente, anche grazie alle politiche di sostegno e agli ammortizzatori sociali, che hanno protetto una vasta platea di lavoratori. La perdita del 2020, dopo un picco nella prima parte dell’anno (-2.398 ad aprile), risulta inferiore a quella del 2009 (-3.191) o ai valori medi del triennio 2012-2014 (circa -6.317), il periodo più critico per il lavoro in provincia. Se l’occupazione nel complesso ha tenuto, fonti di carattere amministrativo (Inps) evidenziano perdite rilevanti di reddito o retribuzione nell’anno 2020 per la maggior parte delle categorie di lavoratori (dipendenti e indipendenti). Secondo la nuova serie delle Forze di lavoro Istat, il totale degli occupati residenti in provincia nel 2021 non ha ancora recuperato (come in Italia e Lombardia ma a differenza dell’Unione europea) il livello medio del 2019, prima della pandemia.

assunzioni-cessazioni
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dimissioni
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licenziamenti disciplinari
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tasso disoccupazione giusto
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Sebbene non si sia verificata l’ondata di licenziamenti che si temeva - e che il Governo ha cercato di prevenire con interventi straordinari -, dai dati emerge un boom di dimissioni, che si mantengono su valori elevati anche in questa prima parte del 2022: è il fenomeno delle cosiddette uscite volontarie, associate molto probabilmente in tempi brevi a nuove assunzioni. La riattivazione dei flussi occupazionali, in un contesto di regole e di condizioni tecnologiche e organizzative in rapido mutamento, fa riemergere però tensioni accumulatesi nel tempo e squilibri, come l’evidente difficoltà di reperimento di lavoratori con l’esperienza e competenze richieste dalle imprese. Difficoltà che esistevano già prima della crisi del 2020 e si sono accentuate nei primi mesi del 2022. Il tasso di disoccupazione (Forze Lavoro, Istat) in provincia (3,5 per cento, il secondo in Italia) indica inoltre una vera e propria carenza di offerta di lavoro (misurata in termini di ricerca attiva di lavoro).

Il tasso di occupazione giovanile a Bergamo, secondo le Forze di lavoro Istat, è più alto delle medie d’Italia e Lombardia sia nella fascia tra i 15 e i 24 anni di età che in quella, molto più numerosa per popolazione attiva, tra i 25 e i 34 anni (con un tasso di occupazione del 77 per cento della popolazione di riferimento al 2021). In quest’ultima classe di età il tasso di disoccupazione (2,6 per cento sulle forze lavoro), oltre ad essere inferiore a quello complessivo (a differenza di Italia e Lombardia in cui è maggiore) è il più basso tra tutte le province italiane, senza alcuna sostanziale differenza di genere (2,5 per cento per i maschi, 2,6 per cento per le femmine).

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