Inchiesta sull'accoglienza dei migranti, nessun processo ma solo lavori socialmente utili
Dopo 56 archiviazioni, restavano aperte solo 8 posizioni. Tra questa, quella di don Visconti (ex Caritas) : per lui 100 ore di lavori socialmente utili e 12mila euro al Ministero
Tanto rumore per (quasi) nulla. Quando scoppiò il cosiddetto "caso migranti" a Bergamo, nel giugno 2020, si usarono parole pesanti. Chat e trascrizioni delle intercettazioni tra indagati (o presunti tali) vennero sbattute sulle prime pagine, esponenti politici iniziarono a definire il sistema dell'accoglienza una «mangiatoia». A distanza di quasi due anni, la vicenda s'è chiusa anche processualmente. Anzi, a un vero e proprio processo non ci è neppure arrivata.
Il giudice Federica Gaudino, infatti, nella giornata di ieri (26 maggio) ha dato l'ok alla messa alla prova per tutti gli ultimi soggetti rimasti implicati nell'inchiesta. La messa alla prova è un provvedimento con il quale il Tribunale chiede all’imputato di prestare la propria opera a favore di qualcuno, per esempio nell’ambito sociale, gratuitamente per qualche tempo. Si sceglie questo tipo di decisione quando i reati contestati sono molto lievi.
Che il caso si fosse già ampiamente sgonfiato era evidente dal fatto che, a giugno 2021, il Tribunale di Bergamo archiviò le posizioni di ben 56 soggetti che erano stati indagati. Per otto, invece, la Procura chiese il rinvio a giudizio. Tra questi, anche don Claudio Visconti, ex direttore della Caritas di Bergamo, e Bruno Goisis, presidente della cooperativa Ruah. Delle tante accuse che erano state mosse, tra cui, inizialmente, addirittura l'associazione a delinquere, alla fine era rimasta in piedi solamente quella di truffa aggravata per ottenere rimborsi pubblici.
Come detto, ieri ecco la decisione della giudice: nessun processo, nessuna condanna. Don Visconti dovrà svolgere 100 ore di servizi sociali in 10 mesi e versare dodicimila euro al Ministero dell’Interno; Goisis, invece, dovrà svolgere 90 ore di servizi sociali in 9 mesi e versare al Ministero seimila euro. I restanti sei soggetti, tutti riconducibili alla Cooperativa Ruah e a Diakonia, lavoreranno gratuitamente per enti locali o enti del terzo settore. Per tutti, se gli impegni presi verranno rispettati e se non dovessero venire a galla delle novità, tutti verranno prosciolti e il reato si estinguerà.
In sostanza, alla fine si è appurato che sì, qualcosa nella gestione dei migranti a Bergamo non era stata proprio fatta nel modo giusto. In particolare dal punto di vista economico: quei 35 euro al giorno a migrante che lo Stato dava alle realtà che si occupavano di accoglienza avrebbero dovuto essere gestiti meglio, con più attenzione e accuratezza. Pertanto, l'accusa di truffa è rimasta in piedi. Ma aggravata no.
Un'inchiesta nata come una vera e propria bomba, che vedeva coinvolti (direttamente o indirettamente) un'ottantina di persone, che ha sconquassato il sistema dell'accoglienza a Bergamo travolgendo numerose realtà da sempre impegnate attivamente nell'aiuto dei più fragili, si andrà molto probabilmente a chiudere così: con un nulla di fatto, o quasi. Intanto, però, le cicatrici restano. La credibilità di persone ed enti è stata distrutta da quel frastuono che poi, in concreto, ha portato a poco o nulla.