Fondazione Donizetti

Il "Progetto Carrà 2023" resta in bilico. Il problema principale sono i soldi

L'opera costerebbe almeno seicentomila euro e il Cda si chiede se il gioca valga la candela. Qualche dubbio anche sul contenuto

Il "Progetto Carrà 2023" resta in bilico. Il problema principale sono i soldi
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Non è stato ancora premuto il tasto play sul progetto "Raffaella Carrà 2023" e l’opzione della cancellazione definitiva non sembra essere così improbabile. Come riporta il Corriere Bergamo, tutto sembra ancora possibile e, complice l’assenza del sindaco Giorgio Gori, in viaggio in Ucraina, e del direttore artistico della Fondazione Donizetti, Francesco Micheli, impegnato a Londra in un importante festival, è proprio il fronte del sì a trovarsi momentaneamente privato dei principali promotori dell’idea.

L’operazione ha già fatto discutere nella scorsa riunione del Cda di Fondazione Donizetti non solo per i suoi contenuti, che almeno per ora restano nel mondo dell’Iperuranio e sui quali sicuramente non se ne è parlato approfonditamente, ma per motivi molto più terreni: i soldi. Per un’opera su un’icona nazionalpopolare come la Carrà, il caschetto biondo più famoso e iconico della televisione italiana, a un solo anno di distanza dalla scomparsa, di sponsor privati probabilmente se ne troverebbero. Tuttavia, per partire in tranquillità servirebbe una solida base pubblica. Il budget richiesto, per ora, sarebbe intorno ai seicentomila euro, ma il tema dei diritti d’autore delle canzoni della Carrà intorno alle quali costruire le arie dell’opera è tutto da sviscerare e proprio lì si potrebbero trovare le sorprese più amare.

Ora come ora, tutti quei soldi non sembrano esserci. L’incognita finanziaria che annebbia tutti i finanziamenti per il 2023 resta, dato che ci sarà da capire come dividersi con Brescia, partner di Bergamo come Capitale della Cultura 2023, i 5 milioni di Intesa e i 2 milioni statali. A sentire i parlamentari bergamaschi di ogni partito qualche mese fa sembrava che il milione di euro specifico per la lirica sarebbe arrivato. Tuttavia, il tempo stringe e a livello politico e manageriale sul territorio comincia a radicarsi un po’ di sfiducia verso la capacità degli esponenti politici di riferimento di ottenere nei prossimi mesi quei fondi.

Restano poi i dubbi di coerenza al contesto, ovvero al programma lirico del teatro del XVIII secolo, le cui orecchie sono state nei secoli abituate a ben diverse armonie e i cui sedili hanno visto performance del tutto diverse. Senza arrivare agli estremismi di chi vede in uno spettacolo della Carrà una provocazione a sfondo gender, dato il messaggio di completa libertà sprigionato dai testi e dalle melodie delle sue canzoni («E se ti lascia lo sai che si fa? / Trovi un altro più bello / che problemi non ha!», giusto per canticchiarne una), il rischio reale, temuto dalla Fondazione, è che il progetto non risulti conforme alla tradizione del Festival Donizettiano.

Che l’accordatore spinga più verso il sì, inteso fuor di metafora non come nota ma come affermazione, o verso il no, ancora non si può dire. Quello che è certo è che, tra ragionamenti filosofici e sogni artistici, a vincere e preoccupare di più sono ancora una volta i fattori più terra terra, ovvero quelli economici. Dopotutto, l’uomo cammina con la testa per aria e i piedi per terra, per citare un famoso discorso sulle utopie di Mumford. Ora non resta che aspettare per vedere come si evolverà la questione.

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