I 36 che han salutato Grillo

E sono 36: a tanto ammontano i parlamentari che, dalle elezioni politiche del 2013, hanno abbandonato l’universo pentastellato di Grillo e Casaleggio, andando a rifugiarsi o in altri partiti o nell’eterogeneo Gruppo Misto. Gli ultimi a lasciare sono stati 9 deputati e un senatore, che già ieri avevano annunciato la loro decisione di andarsene dal Movimento 5 Stelle, ufficializzando tutto nella mattinata di martedì 27 gennaio. Un’emorragia incontrollabile, a cui, per il momento, i vertici del M5S non sembrano dedicare troppa attenzione, anzi, la considerano un esempio di forza e di genuinità del movimento, che non si fa alcun problema a dare il benservito a coloro che avrebbero tradito l’impeto originario. Eppure, questa diaspora qualche perplessità dovrebbe suscitarla, non solo per il fatto che, a memoria, è difficile ricordare un partito che abbia perso così tanti adepti in così poco tempo, ma anche per una questione di puro potere parlamentare: alla Camera, dei 109 seggi iniziali ne sono rimasti 91, mentre al Senato il numero è passato da 54 a 36. Numeri che dovrebbero quantomeno interrogare Grillo e Casaleggio, soprattutto per il fatto che la maggior parte dei fuggitivi ha rivolto la medesima accusa al duo: una gestione dittatoriale e priva di elasticità.
Tutti coloro che hanno abbandonato Beppe. Il primo caso si ebbe già nell’aprile del 2013, quando i gruppi parlamentari del M5S decisero a maggioranza per l’espulsione del senatore Marino Germano Mastrangeli. L’accusa rivolta all’onorevole riguardava l’eccessiva partecipazione a programmi televisivi e talk show, cosa assolutamente vietata dal Codice di Comportamento (avete capito bene) redatto da Grillo. Mastrangeli si è difeso dalle accuse con disarmante semplicità: «Ma un parlamentare che non può parlare, che parlamentare è? Solo in Corea del Nord possono succedere queste cose”».
Nel giugno 2013, evasione di gruppo: il 6 abbandonano la barca grillina i deputati Alessandro Furnari e Vincenza Labriola, entrambi per disaccordo con la linea tenuta da Beppe sulla questione dell’Ilva di Taranto, e in generale per la mancanza di democrazia all’interno del movimento. Il 23 la senatrice Adele Gambaro viene espulsa in seguita ad alcune critiche mosse nei confronti di Grillo in seguito ai risultati delle elezioni amministrative; lo stesso giorno, la senatrice Paola De Pin abbandona per solidarietà nei confronti della collega. Il 25 Adriano Zaccagnini, deputato, lascia il movimento a causa della “scarsa democrazia interna” e della “visione fantascientifica della realtà” di Casaleggio. Il 27, infine, la senatrice Fabiola Anitori lascia in seguito al clima dittatoriale avvertito all’interno del movimento; a fine anno, entrerà in Ncd, dichiarando apertamente di aver preso tale decisione per sostenere il Governo nella sua azione riformatrice.
Il 26 e il 27 febbraio 2014 rappresentano le Caporetto del M5S: nel giro di soli due giorni, i senatori Lorenzo Battista, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella, Luis Alberto Orellana e i deputati Alessio Tacconi e Ivan Catalano abbandonano Grillo, accusandolo di aver buttato via l’occasione di mettersi realmente in gioco, in seguito alla sceneggiata compiuta da Beppe stesso nelle consultazioni con Renzi, andate in onda in diretta streaming. In particolare, Tacconi ebbe modo di dichiarare: «Purtroppo la verità è che siamo diventati una setta di fanatici. Sembriamo il Tempio del Popolo del reverendo Jones».
Marzo 2014 è stato un mese altrettanto nero: il 6 i senatori Alessandra Bencini, Laura Bignami, Maurizio Romani, Maria Mussini e Monica Casaletto si dichiarano stufi del regime ormai vigente all’interno del movimento, e in solidarietà con gli espulsi di febbraio decidono di abbandonare il progetto sempre meno condiviso di Grillo e Casaleggio. Il 26, viene espulso il senatore Bartolomeo Pepe, accusato di spese eccesive e per aver criticato Roberto Fico, deputato grillino e presidente della Commissione di Vigilanza della Rai.
Anche l’autunno del 2014 è stato decisamente caldo: l’8 ottobre la senatrice Cristina De Pietro lascia il movimento senza dare alcuna spiegazione, limitandosi a presentare la lettera di dimissioni. Il 30 novembre i deputati Paola Pinna e Massimo Artini vengono accusati da Grillo di non aver restituito parte dello stipendio allo Stato, come da previsione del Codice di Comportamento; i due onorevoli, pubblicate le ricevute di restituzione su Facebook e smentendo Beppe, abbandonano. Fra il 17 e il 22 dicembre i deputati Tommaso Currò e Cristian Iannuzzi e i senatori Ivana Simeoni e Giuseppe Vacciano lasciano Grillo per motivi vari, dalla mancanza ideologica di dialogo con un Governo che le riforma prova effettivamente a farle, alla perdita totale dei principi ispiratori del movimento.
E infine giungiamo al 26 gennaio 2015, giorno in cui i deputati Tancredi Turco, Walter Rizzetto, Aris Prodani, Samuele Segoni, Mara Mucci, Eleonora Bechis, Marco Baldassarre, Sebastiano Barbanti, Gessica Rostellato e il senatore Francesco Molinari se ne vanno in segno di protesta e ribellione nei confronti dei vertici di un movimento che, secondo le parole degli stessi ormai ex aderenti, ha sempre più le fattezze di un regime dittatoriale. Già fuori in 10, quindi, in questo 2015, e siamo solo al 27 gennaio.