L'umiliazione a Zapata, respinto all'ingresso di una banca, ci ha umiliato tutti
L’episodio accaduto all'atalantino è davvero triste. Per lui, ovviamente. Ma ancor più triste per noi, che non riusciamo a lasciarci alle spalle assurdi preconcetti
di Ettore Ongis
È sempre complicato avere la pelle nera in Bergamasca. L’episodio accaduto a Duvan Zapata, respinto dalla guardia giurata perché voleva entrare nella banca di piazza Matteotti che segue i suoi affari («Dove pensa di andare? Questo non è un posto per lei, vada da un’altra parte»), è davvero triste.
Triste per lui, ovviamente. Ma ancor più triste per noi, perché ancora una volta ci accorgiamo di vivere in una società che non riesce a lasciarsi alle spalle assurdi preconcetti. Tra buoni propositi e comportamenti c’è ancora un bel baratro.
Già a inizio settimana eravamo stati testimoni dello sfogo di Paola Egonu per gli insulti razzisti piovuti dai social nei suoi confronti. Erano tante e tutte bravissime le ragazze che hanno mancato una vittoria ai Mondiali, ma gli insulti sono arrivati soprattutto a lei. A Zapata le cose sono andate un po’ meglio, perché il sopruso è avvenuto su un piano di realtà e non virtuale: così ha avuto almeno modo di difendersi.
Tuttavia l’episodio resta sconcertante, anche perché nessuno dei responsabili sembra aver capito la gravità del fatto: la banca, pilatescamente, ha scaricato le responsabilità sulla società di sorveglianza, come se neppure si rendesse conto della figuraccia. Il che conferma che Zapata in quanto campione dell’Atalanta può recarsi allo sportello; come persona dalla pelle nera, invece, se ne dovrebbe stare alla larga.