A casa i 30 lavoratori della cooperativa in sciopero alla Sabo di Levate
I dipendenti erano in presidio quando hanno ricevuto il messaggio; l'azienda: «La decisione risponde agli obiettivi di crescita»
L'appalto è stato disdetto e nessuna prestazione lavorativa è più richiesta. Nella notte tra giovedì 27 ottobre, e quella di ieri, venerdì 28, è questo il succo del messaggio WhatsApp, arrivato alla trentina di lavoratori che operavano alla Sabo di Levate per mezzo della cooperativa Colmach.
I messaggi hanno colto i lavoratori mentre erano in presidio davanti ai cancelli dell'azienda. Da più di una decina di giorni è infatti iniziato il braccio di ferro tra loro, quasi tutti stranieri provenienti da Marocco e Senegal a eccezione di un bergamasco, e i datori di lavoro. Il primo sciopero è stato infatti proclamato lo scorso 18 ottobre per lamentare le condizioni economiche e sanitarie alle quali sono costretti i lavoratori della Cooperativa e le disparità di trattamento rispetto agli altri 130 dipendenti.
Il braccio di ferro, fatto di giorni e notti di presidi e incontri non fruttuosi per i dipendenti, sembra essersi concluso con una recisione netta. Ponendo fine alle prestazioni lavorative della trentina di dipendenti, Sabo intende accelerare il “processo già programmato di internazionalizzazione di alcune attività e competenze” quali “il formgiving e il confezionamento di alcuni prodotti realizzati nel proprio stabilimento di Levate”.
L’Azienda bergamasca ha infatti dichiarato che «La decisione (quella di terminare il rapporto con la cooperativa Colmach) risponde agli obiettivi di crescita strategici delineati da Sabo nel medio periodo, raggiungibili anche attraverso il controllo costante e l’incremento della qualità in tutta la filiera produttiva e l’ottenimento delle certificazioni richieste dai nuovi mercati internazionali. Coerentemente con questa linea, Sabo ha pertanto deciso di non dare seguito a contratti con alcuni fornitori precedentemente incaricati dello svolgimento di alcune mansioni».
Non è un caso se, fresca di una manciata di settimane, è l'operazione di acquisizione di due siti produttivi della multinazionale tedesca Evonik Industries AG, uno in Germania (nel Parco chimico di Marl, in Renania settentrionale) e l’altro Cina (a Liaoyang, a sud di Shenyang).