10 frasi in bergamasco su San Martino
Nel ricordo della data di scadenza dei fitti agricoli, il santo veniva apostrofato come una sorta di Robin Hood al contrario: "San Martì ghe n’dà ai sciòr e ghe n’tö ai poerì"
di Vecchio Daino
San Martino per noi è da sempre un crocevia tra le stagioni, un momento importante segnato da rituali laici e religiosi, come i regali per i bambini e il primo assaggio del vino. Celebrata in diversi paesi della Bergamasca, la sua festa dell’11 novembre segnava una volta anche la scadenza dei contratti di braccianti e mezzadri. Per loro, tuttavia, non era sempre un momento allegro.
1. Mè lassàga zó aqua e pà
Un’antica tradizione prescrive di lasciare sulla soglia di casa un tozzo di pane secco e un bicchiere d’acqua, o altre frugali bevande e cibarie, per ristorare il Santo e il suo cavallo nel lungo viaggio per distribuire regali. [Trad.: Bisogna lasciare acqua e pane]
2. A me i me dàa ü portogàl
Mentre oggi probabilmente i bambini non sempre apprezzano anche i regali più costosi, un tempo ci si poteva accontentare anche di un umile mandarino. Che sembrava avere un valore inestimabile. [Trad.: A me davano un mandarino]
3. Öna ólta l’éra ü festù
La memoria di ognuno a volte agisce come un filtro deformante, e ingigantisce gli eventi del passato. Altre volte invece si limita a registrare fedelmente una progressiva perdita di partecipazione. Il risultato è l’effetto combinato di entrambe le cose. [Trad.: Una volta era un festone]
4. L’è chèl del mantèl
A tutti noi è rimasto impresso il nobile gesto del soldato romano, raffigurato spesso nell’atto di tagliare il proprio mantello in due per donarlo a un povero. Quel colore rosso è così diventato il simbolo stesso della carità. [Trad.: È quello del mantello]
5. La stagiunina de San Martì la düra tri dé e ü falì
Anche in questi sconvolgimenti climatici, perdura l’aumento di temperatura intorno all’11 novembre. Un cambiamento effimero, come bene testimonia il detto della tradizione. [Trad.: La piccola stagione di San Martino dura tre giorni e un pochino]
6. Chi che l’istóngia a San Martì a l’guadègna pà e ì
Prima del riposo vegetativo invernale è meglio dedicarsi alla potatura, per rinvigorire le piante e garantire gemme più robuste quando tornerà la primavera. [Trad.: Chi pota a San Martino guadagna pane e vino]
7. E ’l dùdes l’è San Martinì
L’importanza del giorno di festa era tale da far ricadere il suo alone sul giorno seguente, una sorta di versione in tono minore della ricorrenza. E non era finita qui. [Trad. E il dodici è San Martinino]
8. San Martì, San Martì papa, San Martì scapa
Un esercizio di ironia bergamasca, che gioca sulle rime e sposta le date effettive (San Martino papa si festeggia il 13 aprile) per raccontare l’inizio e fine dei festeggiamenti. [Trad.: San Martino, San Martino papa, San Martino scappa]
9. Dòpo San Martì l’èrba l’è di bezzì
L’erba che rimane ormai può essere liberamente brucata anche dagli agnellini. Ormai il fieno che doveva essere messo a tetto è in cascina, e non resta che attendere pazientemente l’inverno. [Trad.: Dopo San Martino l'erba è degli agnellini]
10. San Martì ghe n’dà ai sciòr e ghe n’tö ai poerì
Ricordo dell’antica scadenza dei fitti agricoli, momento in cui intere famiglie potevano trovarsi di punto in bianco senza la certezza di una futura occupazione. Da qui l’inversione del gesto di generosità del Santo. [Trad.: San Martino dà ai ricchi e toglie ai poveri]