Coldiretti: è stato un anno duro per l'agricoltura bergamasca
Sulle aziende del settore pesano gli eventi meteorologici estremi, la siccità e un quadro politico ed economico complicato dai rincari
Eventi meteorologici estremi. Una siccità che uccide. Un quadro internazionale ed economico complicato. L'agricoltura bergamasca archivia un anno molto complesso.
«Caratterizzato da un clima che non è più lo stesso, dai pesanti strascichi della guerra e dalle conseguenze della pandemia ancora non del tutto esaurite», dice il presidente di Coldiretti Bergamo Alberto Brivio, che mette in guardia sugli effetti di emergenze che oggi più che mai pesano sul cuore della filiera.
«Dall'analisi stilata con i nostri tecnici - spiega Brivio - si evince che le aziende hanno le carte in regola per poter continuare a dare concretezza a quel "Made in Italy" agroalimentare che tutto il mondo ci invidia, ma necessitano di strumenti e politiche adeguati per potersi confrontare in modo dinamico con gli scenari attuali e futuri, dentro e al di fuori dei nostri confini».
Il peso dei rincari energetici: c'è chi lavora a reddito negativo
Secondo i dati dall'associazione, l'export agroalimentare bergamasco ha fatto segnare un +11 per cento nel primo semestre, così come positivo è il bilancio della demografia d'impresa. Ma non mancano notevoli difficoltà. La zootecnia, sia da carne che da latte, è stata il primo ambito produttivo ad accusare il contraccolpo. Complici l'aumento dei prezzi delle materie prime, fenomeno deleterio esteso a tutti i comparti, ma anche i costi lievitati per tutto ciò che circonda la filiera, come imballaggi, plastica, vasetti, vetro, legno, carta e confezioni, oltre che quelli energetici.
«Nelle campagne della nostra provincia - sottolinea il presidente - si stima che un'azienda agricola su due si trovi costretta a lavorare in una condizione di reddito negativo e in maggior misura nelle aree più fragili di montagna. In agricoltura si sono registrati infatti aumenti medi dei costi che vanno dal +170 per cento dei concimi al +90 per cento dei mangimi, +129 per cento per il gasolio e fino al +300 per cento delle bollette energetiche per pompare l'acqua per l'irrigazione dei raccolti».
Qualche speranza nell'ambito produttivo
Bilancio in chiaroscuro anche per gli aspetti produttivi. Se da un lato la zootecnia di latte ha fatto registrare il secondo maggior incremento produttivo di latte in Lombardia (+2,7 per cento), dall'altro i picchi di calore fuori stagione e la mancanza di risorse idriche hanno tagliato le produzioni foraggere del 30-40 per cento, con punte del 70 per cento per quanto riguarda il raccolto di mais in alcune zone. Le influenze climatiche negative hanno inciso pesantemente anche sulla produzione orticola, dove si sono registrati cicli vegetativi sfalsati, e nel settore florovivaistico.
Altalenanti i risultati per le aziende agrituristiche, che hanno risentito anche della mutata disponibilità economica delle famiglie, mentre per il comparto apistico è stata un'annata difficile: gli effetti dei cambiamenti climatici, in particolare la siccità, hanno influito negativamente sulla produzione di miele.
Positivo, invece, l'anno archiviato dalla viticoltura - anche se non eccezionale per qualità delle uve - e quello olivicolo, che ha restituito almeno in parte una boccata di ossigeno agli olivicoltori.
«Prossimamente ci dovremo confrontare anche con l'entrata in vigore della nuova Pac - ricorda Brivio -. Le imprese agricole, in particolare quelle gestite da giovani (328 quelle finanziate negli ultimi otto anni, ndr), dovranno proseguire il proprio percorso verso l'adozione di sistemi produttivi che siano sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico».
A fronte di queste nuove sfide, ciò che preoccupa maggiormente è il consumo di suolo che in uno solo anno, in provincia di Bergamo, ha presentato un conto salatissimo: 143 ettari di terreno "mangiati" dal cemento.