L'architetto Giorgio Zenoni: «Un buon lavoro, ma il centro va cambiato tutto»
Il celebre professionista venerdì 3 marzo era all'inaugurazione in Piazza Matteotti: «Ero curioso di vedere. Il progetto di Piacentini non mi è mai piaciuto»
di Paolo Aresi
Giorgio Zenoni è uno dei migliori architetti bergamaschi, di quelli conosciuti anche al di fuori dei confini della provincia. Zenoni ha 88 anni, è magrissimo, porta i capelli lunghi. Ha lavorato spesso con Beppino Gambirasio, suo amico di gioventù, altro architetto di fama.
Tra i loro progetti l’edificio del bar Duse alla Rotonda dei Mille, ex cinema Apollo, la chiesa di Valtesse S. Antonio, il discusso Triangolo in via Palma il Vecchio. E poi tante ville, scuole, persino tombe. Venerdì 3 marzo è andato all’inaugurazione del centro rinnovato «per vedere». Incontrarlo è ritrovare un pezzo della storia architettonica della città.
Che cosa ne dice del centro piacentiniano rinnovato?
«Hanno fatto un buon lavoro, una bella sistemazione, è bene che abbiano limitato ancora di più il passaggio delle auto. Non mi convince la piazza Dante con quelle due coperture bronzee delle aperture. E poi comunque a me il centro di Piacentini non è mai piaciuto».
Perché non le piace?
«Ma con tutti quei vuoti, quegli spazi grandissimi rispetto ai volumi. Non c’è vita, ti ci senti perso. Un centro fatto per le banche, per gli uffici. Non c’è vita. La qualità degli edifici è quella che è».
Ci sono i caffè.
«Sì, ci sono i caffè, adesso apriranno il Diurno, vedremo, sono curioso. Ma insomma, è un centro che manca di un’identità, mi sembra un buon compito disegnato da un laureando. Bisognerebbe intervenire, bisognerebbe cambiarlo. La Bergamo al piano è una città che ha un’identità nei suoi borghi, ma il resto andrebbe ripensato. Non ci sono piazze, non ci sono portici. Se solo si pensa a Brescia o a Modena...».
Lei che cosa farebbe?
«Io non ho mai lavorato sull’urbanistica, se ne occupava il mio amico Beppino. Però questo centro battuto dal vento e dalla pioggia... anche se ultimamente piove poco. Ci vorrebbe un edificio, un grande edificio, qualcosa che protegga i passanti, come accade per i portici, ho pensato a un grande fungo vetrato, a un passaggio, ho pensato che via XX Settembre coperta con materiale trasparente sarebbe un’ottima cosa... Credo si debba intervenire con coraggio».
L’architetto Abramo Bugini voleva costruire un broletto, un luogo dove riunire la gente, la popolazione, fra Palazzo Frizzoni e Palazzo Uffici.
«Siamo stati amici io e Bugini, lui era un bravo architetto, è interessante quello che diceva. Certo, c’è bisogno di qualcosa, di un pensiero, di portare vita, senso di calore e di protezione. Stimavo molto l’architetto Pino Pizzigoni, ricordo tanti anni fa che parlavamo del centro, anche lui non mi sembrava entusiasta, mi raccontava di altri progetti che erano stati presentati a quel concorso vinto da Piacentini, che contenevano spunti interessanti. Forse la vecchia Fiera non andava abbattuta, ma restaurata, bonificata».