Il caso

Maxi data center ad Arcene? Legambiente: «Basta consumo di suolo, si usi una delle tante aree dismesse»

Mentre il sindaco del Comune spinge per la realizzazione, gli ambientalisti chiedono un coordinamento sovraccomunale e regole chiare

Maxi data center ad Arcene? Legambiente: «Basta consumo di suolo, si usi una delle tante aree dismesse»
Pubblicato:
Aggiornato:

Da inizio anno, nella Bassa Bergamasca tiene banco la discussione sulla possibile realizzazione ad Arcene del nuovo data center della Vitali Spa. Un progetto che sta particolarmente a cuore al sindaco Roberto Ravanelli, tanto da averlo spinto a scrivere un'accorata lettera in favore del data center indirizzata ai colleghi Caterina Vitali di Ciserano, Gigliola Breviario di Pontirolo, al Comitato "Ambiente è vita", alla Coldiretti, alla Provincia di Bergamo e al "Centro di etica ambientale" di Bergamo.

La lettera del sindaco di Arcene

Nella missiva, Ravanelli sottolineava come «il data center non reca alcun impatto ambientale e non provoca alcuna emissione di aeriformi o sonore, come, ad esempio, quella di una logistica con il gravame del traffico veicolare anche pesante. (...) Sarà una struttura avveniristica, di un certo prestigio, come quella Aruba di Ponte San Pietro, con ai due lati aree verdi e agricole ancora consistenti e sul tetto un impianto fotovoltaico da circa 5MW».

Il sindaco poi, ribattendo a chi sosteneva che una struttura di quel tipo avrebbe causato ulteriore consumo di suolo, scriveva: «Parlare di consumo di suolo per un data center senza avere la consapevolezza di cosa c'è dentro e quale è la sua funzione non è corretto. Anche l'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha consumato suolo, ma forse qualcuno l’ha ritenuto sprecato?».

La posizione (critica) di Legambiente

Nonostante queste accorate parole, c'è chi continua a ritenere sbagliato un progetto del genere, che va a togliere ulteriore aree verdi a un territorio che, negli ultimi anni, è stato martoriato (per non dire distrutto) da una cementificazione fuori controllo. In particolare, oggi (20 marzo), i circoli Legambiente di Bergamo, Isola Bergamasca e Terre del Gerundo hanno diffuso un comunicato nel quale espongono la loro posizione al riguardo.

Partendo proprio dalla missiva del sindaco di Arcene, gli ambientalisti sottolineano come, a loro parere, «la competenza rispetto alla sua localizzazione (del data center, ndr) sul territorio non possa essere del singolo Comune». Questo per la rilevanza di un progetto di questo tipo, sottolineata dal primo cittadino stesso.

«Perché non usare una delle tante aree dismesse?»

I circoli Legambiente, poi, continuano: «Un data center, per sua natura, ha necessità “semplici” rispetto alla maggior parte delle attività produttive - come giustamente suggerisce il sindaco di Arcene: non necessita di grandi parcheggi né di innovative opere di urbanizzazione. Pertanto, a nostro avviso, è il candidato ideale a essere realizzato in un contesto di rigenerazione urbana, in una delle - troppe - aree dismesse presenti sul territorio, adottando criteri di sostenibilità fin dalla scelta della localizzazione. Si eviterebbe che un terreno che, come scrive il sindaco di Arcene, “ultimamente è stato affidato agli agricoltori della zona essenzialmente per la coltura del granoturco”, sia soggetto all’ennesimo cambio di destinazione d’uso che aumenterebbe la percentuale del consumo di suolo che, dagli ultimi dati disponibile dell’Ispra del 2021, risulta pari al 31% dell’intero territorio comunale».

Gli ambientalisti fanno poi alcune precisazioni circa il consumo di una struttura del genere: «Ci troviamo, purtroppo, a dover segnalare al sindaco alcuni aspetti legati all’impatto ambientale di queste opere: i data center inquinano, dato che devono al loro interno tenere temperature basse per i server e hanno impianti di climatizzazione che “buttano” fuori il caldo. Usano tanta energia sia per il funzionamento che per il raffreddamento, generando un impatto ambientale che varrebbe la pena di valutare pensando (e chiedendo all’azienda proponente) come intende limitarlo già a livello progettuale».

«Basta consumo di suolo»

Il comunicato dei circoli di Legambiente si chiude così: «La natura ci sta dando chiari segnali: o cambiamo il modo di fare le cose, oppure ai nostri figli lasceremo un mondo invivibile. Nessuna opera strategica può più giustificare il consumo di suolo nel 2023, laddove ci siano alternative possibili come la riqualificazione e la rigenerazione urbana. Non solo, la svendita della preziosa risorsa suolo, a fronte di compensazioni sociali e ambientali irrisorie, sarebbe un risultato ancora più inadeguato nella gestione della cosa pubblica».

Seguici sui nostri canali