Procura di Bergamo, in dieci anni sulle grandi inchieste più sconfitte che successi
Il procuratore capo Antonio Chiappani va in pensione. Nel tempo le inchieste su Ubi, accoglienza migranti e Covid si sono rivelate un flop
di Andrea Rossetti
A fine novembre 2010, Adriano Galizzi lasciò l’incarico di procuratore capo a Bergamo e andò in pensione; a gennaio 2016, Francesco Dettori lasciò l’incarico di procuratore capo a Bergamo e andò in pensione; a metà settembre 2023, Antonio Chiappani lascerà l’incarico di procuratore capo a Bergamo e andrà in pensione.
L’eccezione è stata, tra il 2016 e il 2019, Walter Mapelli, prematuramente scomparso a soli 60 anni. Ma, come diceva Agatha Christie, «un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova»: pare evidente che gli uffici di Piazza Dante siano ritenuti dai vertici del Consiglio superiore di magistratura (Csm), ovvero l’organo di “governo” dei giudici italiani, come il posto perfetto per accompagnare professionisti della toga verso il tramonto delle rispettive carriere.
Questo non significa che chi diventa procuratore capo a Bergamo sia meno qualificato - anzi - o abbia meno voglia - si spera - di fare il proprio mestiere. Semplicemente, il nostro territorio è ritenuto generalmente tranquillo, anche perché “incastrato” tra due Procure decisamente più rilevanti, ovvero Milano e Brescia.
Quelle grandi inchieste finite nel nulla
Ma c’è anche un altro elemento che, negli ultimi anni, non ha contribuito ad accrescere l’appeal di Piazza Dante: diverse “grandi inchieste” portate avanti si sono rivelate dei flop.
Escludendo la tragica storia relativa all’omicidio di Yara Gambirasio, da Dettori a Chiappani sono state tre le vicende processuali che hanno portato Bergamo alla ribalta della cronaca giudiziaria nazionale: il maxi processo Ubi, l’inchiesta sull’accoglienza dei migranti e quella sulla gestione dell’emergenza Covid.
In tutti e tre i casi, la Procura di Bergamo ne è uscita con le ossa rotte (...)