Parigi vs Milano, chi vince la sfida tra le due sfavillanti fashion week
Milano nata nel 1958 e Parigi inaugurata nel 1973: le due fashion week hanno molto in comune, appuntamenti storici e cruciali di un’industria, quella della moda, che è parte fondamentale e orgoglio storico delle due capitali. L’infografica che il sito Stylight ha lanciato (la trovate qui sotto) evidenzia l’antagonismo tra le due realtà europee avvalendosi di illustrazioni dall’essenzialità geniale che mettono in contrapposizione le rivalità attraverso una serie di simboli, personaggi e stereotipi restituiti con humor e ironia. Risaltano i divertenti cliché delle città, i luoghi comuni delle due metropoli.
L’idea è una geniale rievocazione del lavoro del graphic designer Vahram Muratyan, che qualche anno fa aveva lanciato la sfida tra Parigi e New York con un blog che, dopo aver raccolto milioni di clic, è diventato libro. Vahram Muratyan definisce “Paris versus New York” un’amichevole partita visuale tra le due città, raccontata da un amante di Parigi a passeggio per New York, tra dettagli curiosi, cliché e contraddizioni. Baguette contro bagel, macaron contro cupcake, Depardieu contro De Niro, Quasimodo contro King Kong, croque-monsieur contro hot-dog, Aznavour contro Sinatra, piramide contro cubo. And so on. Sulla stessa falsa riga si gioca il match tra Parigi e Milano. Il campo è quello delle passerelle dell’haute couture.
Il treno della settimana della moda è passato velocemente, due fermate differenti, due orizzonti sfumati su collezioni che risvegliano lo stile, aprono le porte ad un nuovo interesse, a nuovi capi, a nuove idee. Due metropoli, due paradigmi culturali differenti. Difficile prendere una posizione tra il petite robe o il manager in carriera. Tra happy hour e champagne. Tra Bordeaux e Barolo. Baguette o pizza. Festival di Venezia o Cannes. Prada o Yves Saint Laurent. Tra Francia e Italia il contenzioso è da sempre aperto: il calcio, la buona cucina, il vino e il fashion system, prima di tutto. Entrambe si contendono il titolo di capitale della moda, ma effettivamente nessuna delle due si è mai aggiudicata il podio per semplici differenze di pensiero e cultura. Difficile scegliere se prediligere le passerelle milanesi, in cerca di rigore, a quelle parigine, pronte sempre a provocare. Avanguardia o tradizione? Slanci artistici o riflessioni di genere? Glamour essenziale o mood anticonformista?
Impossibile definire una volta per tutte quale sia il vero fulcro della moda. Eppure c’è chi accusa l'Italia di non fornire sangue fresco, nuove generazioni di stilisti alla moda come fa, per esempio Parigi. Tacciati di tradizionalismo e mancanti di innovazione, gli americani ci accusano di crogiolarci nel continuo rimando al passato del tanto blasonato made in Italy. Uno dei problemi, come sempre in casa nostra, è nel sistema. Noi ci accontentiamo di cinque giorni di fashion show, di cui l’ultimo disertato dai big (Anna Wintour, potente direttore di Vogue Usa, è volata a Parigi saltando la sfilata di Re Giorgio che chiudeva il calendario dell’ultima settimana della moda milanese), rispetto ai nove della capitale francese. Tutto vero. Ma senza l'Italia e la sua filiera produttiva, forse, non ci sarebbe nessuna sfilata a New York, Londra e Parigi. Senza peccare di campanilismo, i gol del nostro vantaggio sono le cifre, la produzione e la creatività. E poco importa se sul front row da una parte in prima fila scorgiamo Candela Novembre o Bianca Brandolini D’Adda e dall’altra rispolveriamo celebrities come Charlotte Gainsbourg e Catherine Deneuve.
Il match si consuma ad armi pari, a colpi di outfit, anche tra le due nuove anime creative agli esordi: Alessandro Michele per Gucci e Nadège Vanhee-Cybulski per Hermés, che portano in passerella per la prima volta inedite visioni capaci di celebrare appieno gli storici marchi. Evitiamo quindi di assegnare primati e decretare vincitori o vinti, ma valorizziamo le peculiarità di queste due altisonanti realtà. Che sia uno shot di espresso in un bar di Brera o un croissant fumante consumato in uno dei rinomati café parigini, che ci sia il tram sullo sfondo o lo scorcio dei Giardini di Tuileries, l’immagine che resta racconta un po’ del nostro stile di vita, delle nostre abitudini, della nostra cultura. Non resta che sbizzarrirsi con personali esercizi di stile.