Omicidio Maltesi

Davide Fontana ammesso alla giustizia riparativa, ma i parenti di Carol non vogliono incontrarlo

Il percorso della riforma Cartabia applicato per la prima volta: i parenti della vittima non vogliono avere nulla a che fare con lui

Davide Fontana ammesso alla giustizia riparativa, ma i parenti di Carol non vogliono incontrarlo
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Il killer di Carol Maltesi, il bancario Davide Fontana, è stato ammesso dai giudici di Busto Arsizio al programma di giustizia riparativa. La decisione, arrivata dopo la richiesta avanzata dal 44enne tramite i suoi legali venerdì 15 settembre scorso, sta già facendo discutere l'opinione pubblica. Soprattutto perché un percorso di questo tipo, in teoria, prevederebbe se possibile un incontro  tra lui e i familiari della vittima che però, com'è comprensibile, non vogliono né vederlo né avere nulla a che fare con lui.

Come funziona la giustizia riparativa

Innanzitutto, occorre fare chiarezza su questa opzione della riforma Cartabia: si tratta, andando a prendere la definizione ufficiale, di «una forma di risoluzione del conflitto, complementare al processo, basata sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro con l’aiuto di un terzo imparziale chiamato "mediatore"» e sarebbe un provvedimento col quale «non si cerca di ottenere la punizione dell’autore del reato, ma piuttosto di risanare quel legame con la società spezzato dal fatto criminoso».

In che modo si potrebbe ottenere un risultato di questo tipo? Secondo il passaggio  della riforma, instaurando «un contatto diretto tra offeso e offensore, il quale permette al primo di esprimere i propri sentimenti ed emozioni in relazione alla lesione subita, e al secondo di responsabilizzarsi». Dato che Carol è morta, quindi, Fontana dovrebbe incontrare i suoi famigliari, ma si è detto disponibile anche a iniziare un percorso con associazioni o enti. Importante comunque precisare che, nonostante gli ermellini abbiano concesso questa facoltà all'omicida, ciò non diventerà un'alternativa alla detenzione in carcere.

Davide Fontana

Un caso che fa discutere

Fontana, condannato in primo grado a trent'anni e che, qualche tempo fa, è stato anche aggredito in cella da un altro detenuto, come riportato oggi (venerdì 22 settembre) dal Corriere del Veneto ha detto di «provare un gran bisogno di riparare alla sua condotta». La vicenda allora potrebbe di nuovo far discutere l'opinione pubblica, perché dopo la bocciature della richiesta avanzata da Benno Neumair, condannato all'ergastolo per aver ucciso entrambi i genitori, si tratterebbe del primo caso in Italia di adozione di giustizia riparativa.

La notizia, tuttavia, non è stata bene accolta dai parenti di Carol. Il padre, Fabio Maltesi, che si trova in Olanda, avvisato di quanto stabilito in tribunale dall'avvocato di parte civile Manuele Scalia, si è infatti detto «allibito e incredulo». Da Verona, invece, l'ex compagno della ragazza uccisa, padre del suo bambino di sette anni, ha affermato tramite le legali Veronica Villani e Annamaria Rago che «tra noi e l’imputato non ci sarà mai alcun incontro, impossibile perdonarlo dopo tale e tanta crudeltà».

L'ordinanza del tribunale

«L’imputato ha manifestato sin dalla fase delle indagini preliminari la seria, spontanea ed effettiva volontà di riparare alle conseguenze del reato, tanto da aver chiesto scusa ai familiari della vittima sin dalla prima udienza dibattimentale - si legge nelle motivazioni dell'ordinanza della Corte d’Assise di Busto Arsizio, presieduta dal giudice Giuseppe Fazio -. Lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa da parte del Fontana non comporta alcun pericolo concreto per l’accertamento dei fatti, già giudicati in primo grado, come del resto riconosciuto da tutte le parti - inoltre si dichiara che - non sussista neppure un pericolo concreto per gli interessati, pur tenuto conto della presenza di un minore di circa sette anni».

Il testo si conclude disponendo «l’invio del caso al Centro per la Giustizia Riparativa e la Mediazione Penale del Comune di Milano perché verifichi la fattibilità di un programma di giustizia riparativa, mandando agli operatori del centro la valutazione della fattibilità in concreto di un programma anche con vittima cosiddetta aspecifica, con prevedibile esclusione, in concreto, di un pericolo per le persone offese».

Commenti
Paolo Villa

Penso che se studi una vita per diventare magistrato e poi prendi queste decisioni la giustizia bisogna farsela da soli..e avere il coraggio di prendere a calci in culo questi giudici.

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