Risse e baby gang, come si vince la rabbia dei ragazzi? Curando l'anima, non i corpi
Crescono gli episodi preoccupanti in città. La psicoterapeuta Evi Crotti: «Anche la lo scrittura, piatta e confusa, documenta il disagio che stanno vivendo»
di Bruno Silini
«Il disagio dei nostri giovani è documentato anche dalla scrittura, un’invenzione umana che segue le culture espresse dalla società. Dalla verticalità delle scritture di una volta, si è passati a un grafismo piatto, arrotondato e senza slanci né in alto né in basso. Prevale quindi la zona centrale che simbolicamente rappresenta, non a caso, il qui e ora, la mancanza di interessi spirituali e l’adeguamento al sistema. L’alternativa è quella rappresentata dalle cacografie, scritture destrutturate e disordinate, illeggibili e nervose, con spazio occupati malamente e gesti congestionati».
Di scritture come quelle descritte, Evi Crotti (psicoterapeuta e scrittrice bergamasca di fama internazionale), ne vede tantissime ogni giorno nel suo studio in Borgo Palazzo. Nuove generazioni che inconsapevolmente nello scrivere svelano il loro malessere, un guardare all’avvenire con un filtro privo di luce.
Dottoressa, cosa sta succedendo?
«Esiste nel mondo un cambiamento non solo del clima ambientale, ma anche della realtà familiare e scolastica. È più che mai importante oggi una collaborazione da parte della società per dare un sapore nuovo ai valori etici e spirituali favorendo così la crescita dei nostri ragazzi per evitare che soffochi nell’aridità. La società deve trovare forme di collaborazione con la famiglia accettando la duplice sfida che viene dai cambiamenti che comunque vanno verificati. In questo mix di tradizione e innovazione, che non sono sinonimi, è vero che il mondo tecnologico ha portato novità, ma non si può dire che abbia migliorato lo stile di vita dei giovani».
Possiamo dire che anche i genitori non sono più quelli di una volta? Quali responsabilità hanno nella crescita dei loro figli?
«È l'amore che non deve liquefarsi e che chiede alla società e agli educatori una vera collaborazione, un ricostituente, un antidoto contro la violenza che peraltro solo l’adulto, inteso come società-famiglia, può debellare. Occorre quindi riabilitare con urgenza la cura dell’animo, che risulta ammalato almeno quanto l’ambiente biologico e naturale. È indispensabile risvegliare l’empatia che sembra rinsecchita e soffocata dal mondo digitale».
Quanto le richieste di performance, le aspettative degli adulti, la solitudine, i desideri mancati, portano i nostri giovani, la cosiddetta generazione Z, a “rompersi” dentro, tanto da portare nei casi più drammatici al suicidio?
«Occorre non solo che i figli si risveglino, ma soprattutto che la famiglia non cada nella routine dove il primo bisogno sia il mangiare e il bere prevaricando sulla parte spirituale, paralizzata fino a essere uccisa (...)
Io non sono uno psicologo, posso solo dire quello che penso da profano. Molti giovani hanno capito subito che nella vita non saranno mai nessuno, che il loro massimo (legale) sarebbe un posto da cassiere in un supermercato a 1200 euro al mese, senza nessuna prospettiva di miglioramento. E non ci stanno. Se avessi la loro età la penserei così anch'io. E il "non starci" di solito si traduce in atteggiamenti distruttivi e auto-distruttivi.