Matteo Regazzi, travolto da una bobina: «Mancanze sulla sicurezza da parte degli imprenditori»
Per la giudice il contributo colposo del mulettista fu minimo, i datori avrebbero dovuto informare dei rischi i dipendenti
Mancata comunicazione delle regole di sicurezza: questo avrebbe inciso più di ogni altro elemento nella tragica morte di Matteo Regazzi, l'elettricista 38enne morto schiacciato da una bobina, il 5 novembre 2018, alla Diesse rubber hoses di Filago. A stabilirlo le motivazioni della sentenza, emessa il 20 settembre scorso dal giudice Donatella Nava, che ha ritenuto che la negligenza del mulettista abbia avuto un peso minimo, rispetto a chi aveva dei ruoli di responsabilità nell'azienda.
Le condanne e la ricostruzione degli eventi
In seguito al processo G. D. S., amministratore della ditta, è stato condannato a venti mesi, C. P., titolare della Elettrobonatese (l'azienda per cui lavorava la vittima), a 14 mesi. L. S., il conducente del muletto, ha avuto otto mesi. Tutti con pena sospesa. Condannate anche le due aziende come soggetti giuridici, per non aver adottato il modello organizzativo in base al decreto legislativo 231.
L'ermellino, come riportato oggi (martedì 10 ottobre) da L'Eco di Bergamo, ha stabilito che il mulettista stava guidando un carrello inadeguato per la bobina, che tra l'altro gli impediva la visuale. Il dipendente aveva oltrepassato la linea gialla, che era sbiadita e delimitava il passaggio dei mezzi, e si era accorto solo all'ultimo di Regazzi. Frenò per non investirlo, ma così facendo il materiale che trasportava si sfilò dai forconi e cadde addosso alla vittima.
Le mancanze degli imputati
Per il giudice, il lavoratore si sarebbe dovuto rifiutare di guidare il muletto in quelle condizioni, ma tali condotte erano abituali all'interno dell'azienda, per cui il contributo colposo dell'imputato è da considerarsi minimo. Per Nava sono invece più gravi le posizioni dei due datori di lavoro, per non aver adottato il documento unico per la valutazione dei rischi di interferenze, ma anche per non aver avvisato gli elettricisti dei possibili rischi e i loro dipendenti della loro presenza per l'intervento, così come l'assenza di indicazioni su un luogo preciso dove attuare l'avvolgimento dei cavi (operazione che Regazzi stava compiendo al momento dell'incidente).
Nessuna prova è stata fornita invece dalla Difesa in merito alla presunta negligenza dell'elettricista, morto per le gravi condizioni dopo il ricovero in ospedale. La bobina era stata trovata spostata a metri di distanza. Il tecnico della ditta, all'inizio, aveva sostenuto che L. S. non trasportava bobine durante l'accaduto: questo perché, come confermato dalla casa produttrice, il muletto era inidoneo a trasportarle.