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Il "patto" tra Comune di Bergamo, Caritas e parrocchie per aiutare le famiglie povere

L'accordo durerà tre anni e prevede una collaborazione per creare un sistema di protezione e sicurezza sociale che possa rispondere ai bisogni

Il "patto" tra Comune di Bergamo, Caritas e parrocchie per aiutare le famiglie povere
Pubblicato:

di Clara Scarpellini

Oggi (martedì 31 ottobre), alla Sala Cavalli di Palazzo Frizzoni, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione dell'accordo di collaborazione tra Comune di Bergamo, Caritas Diocesana-Fondazione Diakonia Onlus e parrocchie cittadine per il sostegno a persone e famiglie coinvolte nel percorso di uscita dalla situazione di povertà e verso un miglioramento della condizione di vita.

All’incontro sono intervenuti l'assessora alle Politiche sociali Marcella Messina; don Angelo Domenghini, vicario territoriale della Cet (Comunità ecclesiale territoriale) 1; don Roberto Trussardi, direttore Caritas Diocesana Bergamasca.

Da sinistra: don Roberto Trussardi, Marcella Messina, don Angelo Domenghini

Fare rete con le comunità

Nasce oggi l’accordo, della durata di tre anni, che si attuerà mediante una collaborazione tra gli operatori delle sedi decentrate dei Servizi sociali del Comune di Bergamo, il referente territoriale Caritas diocesana/Fondazione Diakonia Onlus, i volontari dei centri Primo Ascolto Caritas e delle altre realtà associative delle parrocchie coinvolte. Lo scopo del patto stipulato è quello di creare un sistema di protezione e sicurezza sociale rivolto alle persone e alle famiglie che possa rispondere ai bisogni sociali, prevenire e contrastare gli elementi di esclusione, promuovere il benessere, non solo attraverso gli interventi di riduzione del disagio e della povertà, ma anche attraverso il coinvolgimento attivo dei destinatari nei loro percorsi di inclusione sociale ed economica.

L’impegno comune delle istituzioni coinvolte sarà quello di co-progettare percorsi di scambio di informazioni e documenti con gli orientatori e il coordinatore delle sedi decentrate dei servizi sociali per la condivisione delle iniziative svolte a livello territoriale. Oltre a ciò, organizzare azioni di sostegno alle persone e famiglie in situazioni di difficoltà, mettendo a disposizione risorse materiali e/o economiche.

Chi si rivolge ai Servizi Sociali e ai centri Primo Ascolto?

Da gennaio a ottobre 2023, su 1.648 accessi agli sportelli dei Servizi sociali decentrati, 687 hanno come motivazione principale una problematica economica. È il caso dei “working poor”, ovvero gli occupati che lavorano ma che non riescono a guadagnare abbastanza per poter vivere in modo adeguato. Questa categoria sociale include sia i lavoratori con salario basso che non vivono in una famiglia povera, sia i lavoratori con un salario medio o alto che vivono una situazione di povertà familiare.

Alla problematica economica, per 216 nuclei si aggiunge anche un problema di tipo abitativo (morosità di affitto, sfratti e situazioni simili). Nei Cpac (Centri di Primo Ascolto e Coinvolgimento parrocchiali), invece, il target di utenza che si incontra è prevalentemente costituito da donne coniugate o conviventi con figli a carico, di cui l'80 percento è proveniente da Paesi extra Ue e non superano i cinquant’anni. Specialmente quest’anno, si registrano alte presenze di donne ucraine per effetto del persistere del conflitto.

Grande riconoscimento al volontariato

Questo accordo sottolinea l’importanza della collaborazione tra istituzioni pubbliche e private per creare una rete che riesca a promuovere un pieno sviluppo delle persone e far sì che queste ritornino a essere autonome nelle proprie vite. Le parrocchie della città, come ha spiegato don Angelo Domenghini, vedono la presenza di settantotto volontari operativi in centri di ascolto e gruppi caritativi appartenenti a ventidue parrocchie su trentuno totali. Oltre a questi, ce ne sono un altro centinaio che aiutano nelle varie azioni caritative per aiutare le persone più fragili, che quotidianamente vengono incontrate nei centri di ascolto.

«I volontari sono molto preziosi, custodiscono le biografie delle famiglie che vengono aiutate, perché loro abitano e vivono i quartieri di chi è in difficoltà - ha commentato don Trussardi -. Questo accordo vuole essere un grande riconoscimento al loro lavoro ma anche facilitarlo attraverso una co-partecipazione allargata anche alle istituzioni pubbliche».

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