Un freno alle logistiche in Bergamasca? Tutti dicono di volerlo, poi però...
Rinviata la decisione sulla modifica del Piano del territorio che avrebbe affidato alla Provincia un ruolo di coordinamento. «Servono ulteriori riflessioni»
di Wainer Preda
L’obiettivo era sacrosanto. Mettere un freno ai mega insediamenti della logistica che rischiano di provocare una devastante cementificazione del territorio bergamasco. Eppure la modifica del Piano di coordinamento del territorio avanzata dalla Provincia è stata ritirata dal consiglio provinciale. Se ne discuterà più avanti. Per ora servono «ulteriori riflessioni».
La proposta affrontava, per la prima volta, una questione determinante per il futuro del nostro territorio. Si basava sulle ricerche realizzate dall’Università di Bergamo. Nella fattispecie, dal Centro studi “Lelio Pagani” che ha analizzato le ricadute generate dallo sviluppo della logistica sulle trasformazioni del paesaggio, dell’identità produttiva, economica e sociale bergamasca.
Già mille insediamenti e altri in arrivo
Gli studiosi hanno esaminato le dinamiche a lungo termine e provato a definire principi di governo e scenari di pianificazione. Ebbene, in tutta la Lombardia l’asse Milano-Bergamo-Brescia è quello che genera e attrae maggiormente i flussi logistici. Qui si sta assistendo al fenomeno delle “sprawl”, ovvero al trasferimento delle strutture logistiche dalle aree urbane a quelle suburbane.
Nel 2022, ultimo anno censito, erano in tutto 1.016 gli insediamenti in Bergamasca. Sviluppati su 8 ambienti: A4 Est, A4 Ovest, aeroporto, Brebemi, provinciale Francesca, Isola, Valbrembana, Valseriana. Ben 733 (il 71 per cento del totale) riguardavano spedizionieri e autotrasportatori. I magazzini erano 164. I centri di distribuzione 77. Le sedi operative di centri postali 27 e, dulcis in fundo, 15 sedi operative di corrieri.
La ricerca dell’Università, basata sui dati del quadriennio 2019-2022, ha rilevato che gli insediamenti in corso e in programma sarebbero in grado di cambiare il territorio non solo dal punto di vista ambientale, ma anche lavorativo e sociale. Nella fattispecie, nel biennio 2019-2022, sono arrivate al servizio Pianificazione territoriale della Provincia 9 istanze per un totale di 138 ettari. Nel 2021-2022, altri 11 progetti per 104 ettari e altri 4 per circa 41 ettari. Ma soprattutto, rileva ancora la ricerca, è lungo la Brebemi che si concentrano i progetti. Dunque nella zona della Bassa Bergamasca, territorio in gran parte agricolo.
Il piano della Provincia
Per cercare di mettere sotto controllo l’eccessiva proliferazione dei capannoni, spesso a scapito dell’agricoltura, il presidente della Provincia Pasquale Gandolfi ha messo sul tavolo la sua proposta di modifica al Pctp. Ovvero, che per insediamenti sopra i 5 mila metri quadrati non siano più esclusivamente i Comuni a decidere, ma anche la Provincia possa dire la sua. Non solo. Nel suo piano Gandolfi ha introdotto un altro paletto. Oltre agli oneri urbanistici riscossi dal Comune interessato, avrebbe imposto oneri aggiuntivi da ridistribuire fra il paese che ospita la logistica e i Comuni coinvolti, loro malgrado, da ricadute viabilistiche, ambientali e sociali. La proposta era un’autentica rivoluzione. Ma come tutte le rivoluzioni soggetta a problemi politici ed economici, che alcuni Comuni non hanno mancato di sottolineare.
Il problema politico
Innanzitutto la questione politica. L’iniziativa della Provincia era volta a dare al territorio bergamasco una governance sovracomunale (...)
I comuni oggi ridono per intascare gli oneri urbanistici e domani piangeranno x i danni del territorio che si sono creati in casa propria
Tutte le amministrazioni si lamentano a parole, ma i succulenti oneri di urbanizzazione non se li lasciano mica scappare....