Morte in carcere di Oumar, la famiglia si oppone all'archiviazione: troppi i punti oscuri
Il legale dei genitori del ragazzo morto in carcere spiega: reperti spariti, testimonianze discordanti e assenza di riprese video. Nuova interrogazione parlamentare di Devis Dori
di Camilla Amendola
La pm milanese Daniela Bartolucci ha predisposto l’archiviazione per il caso della morte di Oumar Dia, il ragazzo bergamasco (di Fiorano al Serio) di 21 anni che è deceduto presso l’ospedale Humanitas di Rozzano lo scorso 26 ottobre.
Oumar era stato trasportato al nosocomio già in coma dalla casa circondariale di Milano Opera, nella quale stava scontando una pena di tre anni e otto mesi per rapina e due violazioni dei domiciliari avvenuti tra il 2020 e il 2021. Sebbene il giovane sarebbe uscito a breve per scontare il resto della condanna a casa, pare che abbia tentato di suicidarsi. I punti oscuri della vicenda, però, sono ancora molti.
Nonostante l’archiviazione, né la famiglia Dia, seguita dall’avvocato Simone Bergamini, né il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Devis Dori, hanno intenzione di smettere di chiedere che venga fatta luce sull'intera vicenda.
Il cappio sparito e testimonianze discordanti
«La famiglia, i genitori da me rappresentati, ha presentato un’opposizione alla richiesta di archiviazione per una serie di incongruenze viste nello svolgimento delle indagini - spiega il legale -. Il punto più inquietante è che il cappio che avrebbe usato Oumar per togliersi la vita è misteriosamente scomparso». Ovviamente, non si tratta di un dato irrilevante perché vuol dire che non è possibile valutare la compatibilità dei segni trovati sul corpo del giovane e la dinamica dell’evento. Inoltre, Bergamini ha anche riportato che i teste ascoltati hanno riportato «ricostruzioni discordanti sulle modalità con cui il corpo è stato liberato dal cappio, che viene identificato da un soggetto in una corda rudimentale e da un altro in un lenzuolo».
Altro dato rilevante è che mentre Oumar si trovava in Terapia intensiva all’ospedale Humanitas di Rozzano non gli è stato fatto alcun esame tossicologico per capire se, al momento del tentativo di suicidio, avesse in corpo qualche sostanza. È importante anche sottolineare che «non ci sono fotografie del momento del ritrovamento di Oumar - continua l’avvocato -. Dato che il ragazzo era ancora vivo al momento del ritrovamento, è normale che la priorità fosse tenerlo in vita, ma noi tuttora non abbiamo una fotografia di come sia fatta la cella numero 8, quella in cui era rinchiuso Oumar. Non sappiamo come siano le inferiate, a che altezza si trovino o la disposizione dei mobili».
L'assenza delle riprese video
Non è stato nemmeno possibile visionare i video del carcere, spiega Bergamini, perché le riprese sono state sovrascritte. È la prassi conservarli per otto giorni, spiega ancora il legale, ma con un'indagine in corso i video dovrebbero essere conservati per almeno 121 giorni.
L'opposizione all'archiviazione avanzata dai genitori del ragazzo sarà discussa nei prossimi mesi davanti al Gip, che dovrà decidere se confermare l’archiviazione o riaprire le indagini: «La famiglia vuole semplicemente assicurarsi che i punti più oscuri della vicenda trovino chiarezza», conclude Bergamini.
Un'altra interrogazione parlamentare
Nel frattempo, Devis Dori ha presentato una terza interrogazione parlamentare per cercare, si spera, di avere una risposta dal Ministero a tutti i quesiti di questa vicenda che sono ancora un mistero.