Morte della piccola Diana, la perizia: «Alessia Pifferi capace di intendere e volere»
L'accertamento era stato richiesto quattro mesi fa dai giudici dopo la controversia sul quadro psichiatrico della donna
La perizia psichiatrica su Alessia Pifferi, a processo con l'accusa di aver fatto morire di stenti la figlia piccola Diana, mentre lei si trovava dal compagno a Leffe, ha stabilito che è in grado di intendere e volere e per questo può essere sottoposta a giudizio.
L'accertamento d'ufficio, come riportato oggi (lunedì 26 febbraio) dal Corriere della Sera, era stato disposto quattro mesi fa dalla Corte d'Assise di Milano. Non ci sarà quindi la possibilità di alcuna riduzione di pena in caso di condanna per il reato di omicidio pluriaggravato, che potrebbe anche comportare l'ergastolo.
La controversia sul quadro psichiatrico
A ottobre scorso, lo psichiatra consulente dell'avvocato Alessia Pontenani aveva prospettato che l'imputata fosse affetta da un «deficit di sviluppo intellettivo di grado moderato», per cui non proverebbe empatia e non si accorgerebbe della sofferenza degli altri - nel caso specifico della bimba di pochi mesi, lasciata per giorni senza nessuno in casa -, così come delle conseguenze delle sue azioni e, in aggiunta, la renderebbe facilmente suggestionabile.
Una versione che però per il pm Francesco De Tommasi non corrisponderebbe a verità, perché «con un quoziente intellettivo di 40» la donna «non avrebbe dovuto essere in grado di dirci nulla, né di formulare accuse contro il personale di polizia», quando invece in Aula ha dato «risposte chiare» ed è apparsa consapevole di ciò che ha fatto «quando ha detto che a volte lasciava da bere alla piccola per la sua sopravvivenza».
Gli effetti sul processo
Il risultato dell'ultima perizia non avrà comunque alcun effetto sull'indagine nei confronti delle due psicologhe di San Vittore (dove la Pifferi è detenuta) e della sua legale, disposta dal pm, per una presunta falsa perizia realizzata, secondo il magistrato, per favorire la donna durante il processo. La Difesa, adesso, cercherà probabilmente di far derubricare il reato a quello per maltrattamenti, nella forma della morte del maltrattato come conseguenza di un evento non voluto dal maltrattante, che comporterebbe una pena da 12 a 24 anni.
Il prossimo 4 marzo si discuterà la consulenza tecnica del perito dei giudici, con contradditorio tra le parti.