Per creare l'ideale è... distrarsi!
C’è chi, quando si tratta di raccogliere le idee e creare, preferisce rinchiudersi nell’assoluto silenzio e chi, invece, spararsi musica nelle orecchie o stare in mezzo alla confusione più totale. Due attitudini entrambe possibili, ma, secondo una recente ricerca della Northwestern University, negli Stati Uniti, e pubblicata sulla rivista Neuropsychologia, i prodotti intellettivi con maggiore qualità creativa e un pizzico di genialità, nascerebbero da chi, mentre pensa e riflette, si lascia distrarre.
Primo passo: mettersi in ascolto dell’ambiente esterno ed aprirsi a tutti gli stimoli distraenti. Lasciandoli cioè penetrare nella materia grigia. Sarebbe questa la strategia per creare qualche cosa di veramente geniale e passare magari alla storia. Come faceva Jane Austen, la scrittrice inglese di epoca preromantica, che prediligeva creare fra mille interruzioni (senza nulla togliere a Gustav Mahler, compositore e direttore d’orchestra austriaco, e a Franz Kafka, scrittore tedesco, che preferivano invece silenzio più assoluto per dare sfogo al loro genio creativo). Pare infatti che chi accoglie le fonti di distrazione, chi si lascia coinvolgere cioè da qualsiasi cosa accade intorno, possa godere di maggiori facoltà creative.
A dimostrare la possibile correlazione tra creatività e distrazione è stata, per la prima volta, una ricerca americana, condotta su circa 100 partecipanti, interrogati sui loro successi creativi attraverso il Creative Achievement Questionnaire, nel quale veniva chiesto di fornire il maggior numero di risposte possibili su diversi scenari improbabili, entro un periodo di tempo limitato. Il numero e la novità delle risposte dei partecipanti formavano il punteggio di pensiero divergente, che rappresenta l’elemento più significativo nei test di laboratorio per misurare la creatività e la permeabilità agli stimoli esterni.
In particolare i ricercatori, nel corso dell’analisi, hanno preso in considerazione dei marcatori neurali specifici di una forma molto precoce di attenzione, cioè il blocco sensoriale, indicizzato dal P50 ERP e che corrisponde alla risposta neurofisiologica che avviene in 50 millisecondi dopo l'insorgenza dello stimolo, valutando poi come questa si collega a due misure di creatività: il pensiero divergente e la realizzazione creativa del mondo reale.
Il pensiero divergente, ma che cos’è? Pura creatività. È un pensiero un po’ speciale, che caratterizza quelle persone genialoidi, capaci di pensare in maniera originale e fluida, fuori dagli schemi e da quelle strategie logiche apprese in precedenza. Questo significa che se le porte della percezione mentale sono spalancate e pronte a far entrare anche quello che in apparenza distrae, che di primo acchito potrebbe sembrare un danno, genera in realtà tutto il contrario. Perché queste idee outdoor migliorano la sensibilità ai problemi e la capacità di produrre idee.
Ciò che è emerso dallo studio, a detta dei ricercatori, è stato infatti sorprendente, perché il pensiero divergente si è correlato con i punteggi più elevati dei test accademici e a una maggiore capacità nel filtrare gli stimoli esterni rispetto a coloro che avevano punteggi bassi in questa prova. Al contrario, una maggiore realizzazione creativa del mondo reale, cioè quello che le persone erano state in grado di inventare, di creare davvero, risultava associata a una ridotta capacità di bloccare gli stimoli esterni.
In conclusione. Pare a questo punto chiaro che il passaggio di informazioni apparentemente irrilevanti, come il volo di una mosca ad esempio o il suono di un cellulare potrebbe aiutare a integrare idee che sono al di fuori del focus di attenzione, portando a una maggiore creatività nel mondo reale. Dunque? Una rivincita per tutti gli studenti distratti ai quali d’ora in poi (forse) non si potrà fare più alcun rimprovero. Magari c’è un piccolo genio in crescita e che sta elaborando creatività.