Caso intricato

Chiesetta agli ex Riuniti, insediata la Consulta regionale interreligiosa. Ma la battaglia legale...

Mentre in Tribunale continua lo scontro tra Regione e Associazione Musulmani di Bergamo, il Pirellone mette una "toppa" sul pasticcio di sei anni fa

Chiesetta agli ex Riuniti, insediata la Consulta regionale interreligiosa. Ma la battaglia legale...
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di Andrea Rossetti

Mentre la vicenda giudiziaria continua il suo iter, dato che a fine ottobre 2023 la Cassazione ha rinviato il caso in Appello, la chiesa degli ex Ospedali Riuniti di Bergamo è oggi (venerdì 21 giugno) diventata "casa" della Consulta regionale per l’integrazione e la promozione del dialogo interreligioso. Per l'occasione, a presiederla è stato il vicepresidente di Regione Lombardia, Marco Alparone.

L'insediamento della Consulta

Come spiega Regione stessa in un comunicato, l’organismo di carattere consultivo è stato istituito con una legge regionale ed è composto dai rappresentanti delle dieci comunità religiose maggiormente diffuse in Lombardia, con l’obiettivo di rendere «strutturale e sistematico il confronto tra diverse esperienze e sensibilità presenti nella società lombarda». Prendono parte alla Consulta: Chiesa cristiana cattolica; Chiese cristiane ortodosse; Chiese cristiane protestanti; Chiese cristiane copte; Comunità islamiche; Comunità ebraiche; Comunità buddhiste; Comunità evangeliche; Comunità induiste; Comunità sikh.

Pur non facendo parte, alle sedute della Consulta partecipano anche un rappresentante di Anci Lombardia (Associazione nazionale Comuni italiani) e un rappresentante dell’Upl (Unione delle Province lombarde).

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Da sinistra, Marco Alparone e Raffaele Cattaneo all'insediamento della Consulta

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La Consulta riunita per la prima volta

Riassunto delle puntate precedenti

Per comprendere l'intera vicenda, però, bisogna fare un passo indietro. Più precisamente al 2018. In quell'anno, infatti, l'Asst Papa Giovanni XXIII e Regione Lombardia hanno messo all'asta la chiesetta della ex sede dell'ospedale di Bergamo, che era sempre stata la casa dei frati francescani. Nel frattempo, provvisoriamente, la chiesetta era stata affidata alle cure della comunità degli ortodossi. L'asta però, sorprendentemente, venne regolarmente vinta dalla Associazione Musulmani di Bergamo.

Il fatto sollevò il dispiacere di alcuni fedeli cattolici e degli ortodossi, che già si vedevano trasferiti lì (e nelle more dei processi non si sono comportati molto diversamente). Nel caos generale, Regione decise di reagire e, nonostante fosse stata lei stessa - di fatto - a vendere il bene, decise di pareggiare l'offerta degli islamici e far valere il diritto di prelazione, riacquistando dunque da se stessa l'ex chiesetta. A quel punto, l'Associazione Musulmani fece causa alla Regione per tutelare il diritto di proprietà.

La battaglia legale (ancora in corso)

Dopo la vittoria in primo grado dei musulmani, la Corte d'Appello di Brescia aveva riformulato il giudizio, dando ragione alla Regione. L'Associazione era quindi ricorsa in Cassazione, chiedendo al tribunale di accertare e dichiarare la natura discriminatoria del comportamento della Regione. Gli islamici avevano anche chiesto al giudice di condannare Regione all'immediata cessazione del comportamento discriminatorio e quindi restituire l'immobile alla legittima proprietà degli islamici. Hanno anche chiesto di annullare tutti gli atti amministrativi ritenuti discriminatori.

Come detto, a fine ottobre scorso il nuovo "colpo di scena", con la Cassazione che ha ritenuto che la Corte d'Appello non avesse preso in esame in modo corretto le motivazioni per le quali, in primo grado, era stata ravvisata la condotta discriminatoria di Regione. La vittoria in secondo grado di Regione era avvenuta per un motivo squisitamente di rito: in sostanza, secondo i giudici d'Appello il giudice di primo grado era andato oltre alle proprie competenze revocando l'atto di prelazione di Regione, che tutt'al più si sarebbe potuto disapplicare. Secondo la Cassazione, la Corte d'Appello avrebbe dovuto, nel caso avesse ritenuto la sussistenza del carattere discriminatorio dell'esercizio della prelazione, disapplicare l'atto, rimuovendo la violazione del diritto soggettivo assoluto. Da qui la sentenza che ha previsto il rinvio in Appello. Che si sta ancora attendendo.

Le mosse di Regione

In tutti questi anni, però, Regione Lombardia non è rimasta a guardare. Essendo tornata a essere ufficialmente proprietaria dell'immobile, ha iniziato a pensare a come utilizzarlo. Del resto, un progetto non c'era: era stata Regione stessa a prevederne la vendita. E così, dopo aver stanziato 501.282 euro di soldi nostri per tornare proprietaria di un bene che aveva venduto per 452 mila euro, il 20 maggio 2019 il Pirellone decise anche che la chiesetta sarebbe diventata sede di una «consulta-osservatorio sul dialogo interreligioso».

Da allora sono passati ben cinque anni. Certo, di mezzo c'è stato pure il Covid, ma soprattutto c'è stato un altro braccio di ferro di Regione con una comunità religiosa, più precisamente con quella degli ortodossi, che nonostante fossero stati invitati a lasciare l'immobile si impuntarono e hanno fatto una strenua resistenza alla "cacciata", fino a poco tempo fa.

Ora inizia un nuovo capitolo di vita per la chiesetta, così commentato da Alparone: «La Consulta saprà dare un contributo determinante alla Lombardia anche per la capacità di leggere i cambiamenti in atto nella società e intercettare bisogni e necessità su cui intervenire». All’insediamento ha partecipato anche il sottosegretario alla Presidenza di Regione, con delega alle Relazioni internazionali ed europee, Raffaele Cattaneo, che ha detto: «La Consulta è un organismo di straordinaria importanza per agevolare le relazioni tra le comunità religiose del territorio e attivare una sinergia costante e concreta con la Regione e gli enti locali. In questa prima giornata abbiamo confermato la disponibilità all’ascolto e alla collaborazione, in un clima sereno che rappresenta un segnale di speranza anche rispetto ai difficili scenari internazionali».

Vedremo se questo organo, nato più per mettere una toppa a una figuraccia che - checché ne dicano in Regione - per reali volontà sociali e culturali, si renderà utile. In attesa, ovviamente, che la vicenda legale si chiuda definitivamente. Perché l'Associazione Musulmani di Bergamo ha già ampiamente dimostrato di non voler mollare l'osso.

Commenti
Daniela Polet

Desidero non citare la politica ma la realtà. Quando in un territorio esiste una forte presenza di diversa religione(tanti lavoratori) hanno diritto ad avere un luogo dove pregare.Non cantine magagazzini o altro... con permessi e autorizzazioni.Divieto di occupare il suolo pubblico per pregare, i musulmani sanno benissimo che se non hanno possibilità per impegni, sopratutto di lavoro o altro, le 5 preghiere giornaliere possono essere recuperate, mattino presto e sera.Ho vissuto in paese arabo, frequentato musulmani che non hanno mai pregato per strada e neanche in ufficio. Se poi non ci fosse parcheggio abbastanza grande, la comunità religiosa dovrebbe organizzare servizio navette, bus... La chiesetta non sarebbe stata abbastanza grande, a meno che invadere vialetti ex ospedale e piazzale Barozzi... Tutto questo dovuto alle decisioni prese a suo tempo dalla regione senza la dovuta valutazione del caso. Rispetto civile e rispetto delle regole per una civile convivenza.

st

Un danno alla libertà di culto e un danno per le casse pubbliche, soldi nostri sperperati per fare un dispetto a una minoranza religiosa. Ecco un capolavoro della regione Lombardia

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