Critiche all'intervento

Comprensorio Colere-Lizzola, Orobievive non ci sta: «Non si ceda a interessi privati»

La società Rsi ha affermato, alla firma del project financing, di aspettarsi sostegni pubblici. L'associazione: «No ai ricatti»

Comprensorio Colere-Lizzola, Orobievive non ci sta: «Non si ceda a interessi privati»
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Si avvicina sempre più la realizzazione del comprensorio sciistico di Colere-Lizzola: lo scorso luglio si è firmato il project financing, con l'obiettivo di ammodernare la stazione della frazione di Valbondione e unirla a quella già operativa della società Rsi. Tuttavia, critiche sono arrivate da Orobievive, il gruppo in cui si trovano varie associazioni ambientaliste tra cui anche Legambiente Bergamo, nato anni fa proprio in opposizione al progetto.

In occasione delle presentazioni al pubblico, si era parlato di cinquanta milioni di finanziamenti pubblici, che è aumentata fino a settanta milioni nella bozza di convenzione firmata con il Comune di Valbondione. Previste nuove piste, impianti, un bacino d'acqua per l'innevamento programmato e un tunnel di 450 metri attraverso il Pizzo di Petto. «La promessa è quella di aumentare l’afflusso di turisti, con conseguente ritorno economico per i paesi di Valbondione, Lizzola e Colere. Siamo scettici riguardo alla sostenibilità economica e ambientale di un simile investimento» hanno commentato Orobievive e Legambiente.

I motivi dell'opposizione al progetto

Per le associazioni, ci sarebbe più di un motivo per dire no a un'opera del genere: per cominciare, l'area interessata si trova al centro della Zona speciale di conservazione Val Zurio, Val Sanguigno e Pizzo della Presolana, un sito Natura 2000. «Questa zona è la più estesa della nostra provincia - hanno spiegato -. In un contesto di cambiamento climatico e diminuzione delle precipitazioni nevose, che alterano gli equilibri degli ecosistemi, questi ambienti sono ancora più fragili e da tutelare».

Inoltre, c'è preoccupazione per la sostenibilità a lungo termine di piste sciistiche che si trovano a una quota così bassa. Questo perché, considerando le condizioni climatiche sempre più incerte, per loro si tratta di un intervento impattante e obsoleto: « C'è il rischio concreto che questi impianti diventino rapidamente inutilizzati, lasciando alle spalle strutture abbandonate come già successo altrove».

«No ai ricatti»

Quando si era annunciata a luglio scorso la firma del project financing, la società proprietaria Valle Decia aveva dichiarato di attendersi un sostegno importante da parte delle istituzioni pubbliche, regionali e nazionali. A tal proposito, aveva annunciato che avrebbe preso parte al prossimo bando del Ministero del Turismo, candidando il rifacimento degli impianti di risalita non ancora aggiornati. «Ci si attende - aveva affermato la società - che venga riconosciuto il contributo senza precedenti che il progetto nel suo insieme offrirà per la rinascita di territori, oggi fortemente interessati dal calo demografico».

Una posizione che però è giudicata discutibile da Orobievive, che parla senza mezzi termini di «ricatti», specificando che il loro non è un rifiuto totale degli impianti sciistici.

«Dove presenti vanno sicuramente ammodernati, ma  si deve evitare che decisioni cruciali per il futuro del territorio siano influenzate da interessi privati. La richiesta da parte di Rsi di rilevare gli impianti di Lizzola solo a condizione di ottenere il finanziamento richiesto al Ministero del Turismo, oltre che del consenso dei comuni interessati al collegamento con Colere, fa leva sulle paure delle comunità locali, che vedono i propri territori spopolarsi e sono disposte ad accettare qualsiasi intervento, presentato come “salvifico” dalle amministrazioni».

I dubbi sui benefici

Le associazioni si chiedono soprattutto quali siano i benefici reali di sostituire i tre impianti presenti attualmente a Lizzola con uno solo, che comporterebbe ogni volta l'obbligo di discesa fino a valle, dove la neve potrebbe essere assente o ghiacciata a causa delle temperature inadeguate per il mantenimento del manto. Un'opzione alla quale, per loro, un'alternativa c'è ed è quella di spostare i finanziamenti verso progetti che già valorizzano il turismo in Alta Valle Seriana.

«Gli impianti non sono l’unica via da percorrere per far rivivere i paesi di montagna . La cura della sentieristica, il turismo scientifico, gli agriturismi, l’educazione ambientale rivolta alle scuole e tante altre forme di turismo sostenibile potrebbero attivare l'economia locale senza compromettere l'integrità del territorio protetto».

Orobievive ritiene che le informazioni sul progetto siano imparziali e incompleta e chiede chiarezza: «Si auspica che si possa trovare un equilibrio tra progresso e conservazione, senza cedere a pressioni esterne o a interessi di breve termine».

Commenti
Francesco Giuseppe

Se ho capito bene, queste associazioni chiedono fi non cedere "al ricatto" che società che vogliono investire fanno, secondo loro, ma di cedere al loro ricatto che chiede il contrario. È ricatto se chiedono di fare impianti e procurare lavoro, ma lo è altrettanto chiedere di fare ciò che vogliono queste associazioni. Peraltro, a furia di non far fare nulla, per conservare tutto selvaggiamente, poi capitano alluvioni e allagamenti.

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